«Perché quella sera al parco, faceva tanto freddo, ci siamo stretti forte, forte e siam finiti dentro». Così cantava Enzo Jannacci in «Ragazzo padre» la storia al «rovescio» di un uomo messo nei guai da una donna che lo aveva sedotto e abbandonato. Che appunto alla polizia cercava di spiegare il proprio stato di indigenza e soprattutto che la persona con cui era stretto «forte» era appunto il figlio. Come ha fatto un signore di 67 anni, sorpreso con il figlio, a rubare: «Siamo disoccupati e abbiamo fame». Ma anche in questo caso i due sono «finiti dentro».
Correva il lontano 1970, Jannacci reduce dal successo clamoroso di «Vengo anch'io, no, tu no» irrompe sul mercato con l'album «La mia gente» che comprende «Mexico e nuvole» scritta da un ancora semisconosciuto Paolo Conte, «Faceva il polo nella banda dell'Ortica» e appunto «Ragazzo padre». Un giovane ingenuo e sprovveduto che dopo un incontro con una donna spregiudicata si ritrova «con un figlio da nutrire». E in un mare di difficoltà perché «...io sono un peccatore per questa societa...». È Disperato «...non so più dove andare ho chiesto anche in comune, non mi lasciano entrare». Fino a quando si abbraccia al parco per ripararsi dal freddo con il figlio ormai ventenne, effusione equivocata ed entrambi si ritrovano in galera.
Non era un equivoco quello dei carabinieri che hanno sorpreso a La Spezia padre, 67 anni, e figlio, 37, entrambi pregiudicati, in un cantiere. «Siamo disoccupati, così pensavamo di sbarcare il lunario» hanno tentato di giustificarsi, rubando più o meno le parole di Jannacci. Loro infatti, armati di tronchesi, stavano tagliando grossi fili in rame di una vecchia linea elettrica interrata, nell'area dell'ex raffineria della Ip. Avevano già prelevato più parti della vecchia condotta elettrica di alta tensione che serviva la raffineria e le avevano caricate sulla loro macchina.
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