Il centrosinistra presenterà un emendamento alla Finanziaria per cancellare la riduzione delle tasse per 6 miliardi di euro attuata dal governo Berlusconi. Dal 2006 quei redditi medio-alti che ne avevano beneficiato si vedranno tornare le tasse al livello di prima.
Perché lo propongono? Perché - dicono loro - i soldi che si risparmierebbero, non facendoli risparmiare al ceto medio, verrebbero usati per diminuire il costo del lavoro (che in parte è ancora quello del ceto medio).
In realtà la spiegazione si dà pensando all'anno prossimo, ma non all'anno nel senso del lavoro, dello sviluppo, dell'economia, ma solo perché ci saranno le elezioni politiche. E, evidentemente, il centrosinistra non pensa che quell'elettorato che si è visto ridurre, sia per poco, le tasse, non sia così importante.
Del resto anche Romano Prodi ha già annunciato che intende aumentare le tasse sui Bot - se ne parla sempre meno ma ci sono ancora (eccome se ci sono) - al di sopra di una certa soglia. E, a seguire (o a precedere), le cosiddette rendite finanziarie la maggior parte delle quali, poi, non sono che di quel ceto medio di cui sopra.
Intendiamoci, avranno fatto tutti i loro calcoli e a loro tornerà bene fare così. Ma quello che ci preoccupa è l'emergere, comunque e sempre, della solita mentalità che per essere in pace con se stessa deve, in qualche modo, colpire sempre i cosiddetti ricchi o anche solo benestanti. Se si toglie di mezzo il dubbio di un certo masochismo, visto che i signori in questione - i proponenti - stanno tutti piuttosto bene, e se si esclude che veramente pensino che questa misura possa aiutare la ripresa e sia giusta, non rimane che la terza spiegazione: una questione squisitamente (si fa per dire) culturale. Di cultura politica che vede nel ceto medio e alto un ceto che ha già avuto e al quale è bene togliere qualcosa.
Noi la pensiamo in modo diverso. Riteniamo cioè che non si debba togliere ai ricchi ma, eventualmente, dare di più ai poveri. E le cose possono andare insieme tagliando le spese inutili che gravano su chi sta meglio - attraverso la pressione fiscale alta e molto alta - e rendono impossibile aumentare la spesa per le fasce disagiate.
Non sarebbe stato meglio proporre la riduzione del costo del lavoro lasciando intatta la riduzione fiscale operata dal governo in carica e indicando, invece, dove prendere i soldi necessari tagliando spese inutili? Neanche a parlarne. Non scherziamo col fuoco. Siamo sotto elezioni: la demagogia al posto dell'aritmetica. Solo il segno più, dove fa comodo, niente segno meno, può far male. Lasciamolo agli altri.
Abbiamo detto tante volte quello che era evidente: la riforma tagliava poco e non sarebbe stata sufficiente - ovviamente - a innescare la ripresa. Ma quello che era giusto era il senso del percorso, la direzione di marcia anche in presenza di un piccolo passo. Ritengono forse quei cervelloni del centrosinistra che il ceto medio paghi, in Italia, il giusto di tasse? Andrebbe detto. Sarebbe meglio che doversi sorbire, durante la campagna elettorale, una sinfonietta che ripetesse fino allo stremo che loro avrebbero tagliato le tasse giuste, quelle utili e che il centrodestra non ha voluto per difendere gli interessi dei ricchi. La verità è che le tasse andrebbero tagliate a tutti i livelli perché come è noto, a chi lo vuol sapere, a tutti i livelli, una volta tagliate, producono effetti positivi. Diversi, ma positivi.
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