Condivido l’esigenza che maggioranza e governo debbano assumersi le proprie responsabilità e agire in modo determinato, ma ciò richiede anche il rilanciare il rapporto con le forze sociali riformiste e innanzi tutto con un mondo delle imprese assai preoccupato sulle prospettive dell’Italia. Oggi c’è però da superare un nuovo ostacolo posto dalla mobilitazione puramente nevrotica di Emma Marcegaglia. La questione non è se Confindustria abbia il diritto di prendere posizione sulle grandi questioni nazionali, ma che un’organizzazione così importante (anche grazie al Sole 24 ore ) nel guidare gli orientamenti dei ceti produttivi non debba assumere atteggiamenti di pura e assolutamente contraddittoria agitazione. Così sull’obiettivo di intervenire sulla riforma delle pensioni.
Posizione razionale ma che si scontra con un’altra meta della Marcegaglia e dei suoi seguaci più o meno pretendenti alla successione: ristabilire saldi legami con la Cgil. Come si fa a chiedere più durezza al governo sulle pensioni e accusarlo di inasprire i rapporti con una Cgil che anche solo i fragilissimi provvedimenti presi recentemente sul tema hanno spinto a inferocire un già insensato sciopero generale? Le nevrotiche contraddizioni marcegagliane hanno già portato al pasticcio di non sostenere mettendo così in difficoltà i sindacati riformisti - realmente (si veda ancora il Sole ) l’articolo 8 della manovra che consente accordi aziendali regolatori dei licenziamenti individuali, prevalenti sulla legislazione corrente.
Una norma richiesta dalla Banca centrale europea che vuoleun mercato del lavoro meno rigido, e un mezzo per premere su Sergio Marchionne perché realizzi gli investimenti promessi per il Lingotto e per Pomigliano. Una norma resa ancora più utile perché la Marcegaglia inseguendo la Cgil si è dimenticata nel recente accordo sulla contrattazione collettiva di tenere ben presenti le ragioni (finalmente non più assistenziali ma produttive) della principale industria privata nazionale. Altrettanto nevroticamente contraddittoria è la posizione della presidenza confindustriale sull’eccesso di ricorso al fisco da parte dell’esecutivo. Una critica che sarebbe anche condivisibile se contenesse un accenno al fatto che il suo predecessore Luca Cordero di Montezemolo è impegnato in una scatenata campagna per una tassa patrimoniale, e che del suo seguito fanno parte due possibili successori di Emma (come Luigi Abete e Diego Della Valle) o un possibile «vice» con deleghe strategiche come Aurelio Regina. Una battaglia politica richiede un minimo di onestà intellettuale che non esiste quando si grida alla pagliuzza nell’occhio di chi si contesta e non si fa i conti con la trave nell’occhio di chi ti sostiene.
Un ultimo punto riguarda la fragilità del governo: è evidente come se si sostituisce l’iniziativa riformista paziente (perché Confindustria non organizza incontri con i gruppi di maggioranza e di opposizione sul dimezzamento dei parlamentari, sull’abolizione delle province, sulla riforma federale del fisco che fissa i benchmark di spesa, sulla riduzione di stipendi e benefici dei parlamentari, su che cosa significa unificare i servizi dei Comuni sotto i 10.
000 abitanti e non discute nel merito le scelte possibili del Parlamento?) con una scomposta agitazione nevrotica, senza neanche tenere conto dell’impazzimento di una magistratura che attacca il presidente del Consiglio con lo stile di una posse, una banda di linciatori del più selvaggio West americano, non si ottiene che aiutare sciacalli tipo Standard & Poor’s e preparare un destino per la nostra nazione ancora più difficile dell’attuale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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