In mancanza dei grandi divi hollywoodiani, assenti alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia per lo sciopero indetto negli Stati Uniti, forse capiremo che anche noi abbiamo delle vere e proprie star. Come Pierfrancesco Favino, acclamato dai tantissimi fan sul red carpet della serata di inaugurazione dove è protagonista con Comandante di Edoardo De Angelis che ha aperto l'80esima edizione del festival più antico del mondo. In platea i vip di umanità varia e i rappresentanti in smoking del nuovo governo, il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e quello delle Infrastrutture Matteo Salvini, insieme al governatore del Veneto Luca Zaia e al sindaco di Venezia Luigi Brugnaro che hanno ascoltato prima Malika Ayane cantare Il cielo in una stanza, poi il discorso semplice e lineare della madrina della Mostra Caterina Murino, in rosso shocking, solidale con i colleghi americani contro «gli algoritmi e le intelligenze artificiali» negazione dell'arte e, infine, il presidente uscente della Biennale Roberto Cicutto annunciare il Leone d'Oro alla carriera a Liliana Cavani.
È un cinema italiano che si prende tutti i suoi spazi, sia fisici che, diremmo pure, mentali, quello che si inizia a vedere qui alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Certo come film di apertura in realtà avremmo dovuto vedere Challengers di Luca Guadagnino con Zendaya ma, per via dello sciopero di cui sopra, sono cambiate le strategie di uscita al 2024 e quindi è stato scelto Comandante di Edoardo De Angelis che, è stato annunciato proprio ieri, uscirà nelle sale il primo novembre anche perché, appunto, iniziano a slittare altri film statunitensi, sempre per lo sciopero, come il sequel di Dune.
Si tratta di uno dei sei film della pattuglia italiana in concorso che ha uno dei budget più alti, 15 milioni di euro, doppiato solo da Finalmente l'alba di Saverio Costanzo, per una storia bellica e maschia come non se ne vedevano più in Italia. Tutto ruota intorno all'eroica impresa del Capitano di Corvetta della Regia Marina Salvatore Todaro, interpretato da un gigantesco Pierfrancesco Favino in dialetto veneto, che nel 1940, un anno prima di entrare nella X Flottiglia Mas, viene chiamato al comando del nuovissimo sommergibile Cappellini, ricostruito in scala 1:1 73 metri per altrettante tonnellate a bordo del quale parteciperà alla Battaglia dell'Atlantico insieme agli U-boot tedeschi.
Una notte appare la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che apre improvvisamente il fuoco. Si scoprirà essere di nazionalità belga e carico di materiale bellico inglese ma intanto il Cappellini ha la meglio e lo affonda. In mare quasi una trentina di naufraghi. Todaro prende la decisione di portarli nel primo porto sicuro mettendo a rischio il suo stesso equipaggio perché costretto a navigare tre giorni in emersione visti gli spazi, alcuni marinai dovettero viaggiare nella torretta fino alla baia di Santa Maria delle Azzorre. Non è stato l'unico caso in cui Todaro, rispondendo alle leggi del mare, si è comportato così.
A chi nel film gli chiede conto, il comandante risponde: «Perché noi siamo italiani», frase in realtà pronunciata nel 2018, quando in Italia si parlava di porti chiusi, dall'Ammiraglio Pettorino in occasione del 123esimo anniversario della Guardia Costiera. Una frase che è stata la scintilla per il regista che ha scritto il soggetto a cui s'è aggiunto in sceneggiatura il premio Strega Sandro Veronesi e poi si è formato l'imponente impianto produttivo che vede insieme Indigo Film, O'Groove con Rai Cinema, Tramp Ltd, VGroove e Wise Pictures.
Il film, apparentemente corale (ci sono dei piccoli approfondimenti sui singoli marinai), è in
realtà tutto incentrato sulla figura di Salvatore Todaro di cui Pierfrancesco Favino riesce a rendere sia l'impronta militaresca e ferma che il tratto umano, anche un po' poetico, con un'interessante deriva quasi mistica.
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