Noi che facciamo le scarpe alle dive di Sex & the city

Viaggio nelle fabbriche di Vigevano che producono le calzature delle protagoniste della pellicola di culto, che sbarca al cinema in questi giorni

Noi che facciamo le scarpe 
alle dive di Sex & the city

Vigevano - «Sa che vuol dire essere costretto a svegliarmi presto tutte le domeniche mattina per vedere in tv Sex and the City? Nicole, la mia fidanzata, è Carrie-dipendente. Quelle scarpe sono diventate un’ossessione per lei. E anche per me che ci lavoro tutta la settimana. Per ogni ricorrenza ne vuole un paio. E va bene qualsiasi misura, dalla 34 alla 38, purché siano quelle che ha visto ai piedi di Sarah Jessica Parker».

Ore 17.30, distretto calzaturiero di Vigevano: anche per Umberto la campanella è appena suonata. È la fine di una giornata di lavoro. L’aria è euforica, è venerdì: i cento operai di una delle quattro fabbriche al mondo che produce le scarpe Manolo Blahnik stanno per andare a casa. Chissà se le quattro scatenate della serie tv più “in” degli ultimi anni - che ieri ha avuto il suo battesimo nelle sale cinematografiche italiane - chissà, insomma, se vedessero chi sta dietro agli oggetti del loro morboso desiderio. Dietro a quelle scarpe da 700 euro, che nelle versioni ancora più chic, come gli stivali in coccodrillo, arrivano a cifre stratosferiche di 8-9 mila euro, ci sono trecento operai e operaie italiani, la laboriosa ruota del grande carro che è il made in Italy nel mondo. C’è Katia, 22 anni, piccola e sorridente: ai piedi ha scarpe basse, sul viso niente trucco, ma un sorriso che spacca. «Mi piace l’idea di lavorare su un prodotto che sognano anche le grandi star - dice soddisfatta -. Che bello vedere Kate Moss, Madonna o Victoria Beckham con gli stivali o le decolleté che produciamo qui. La mia preferita, però, resta Sarah Jessica Parker. Senza dubbio. Io vorrei vivere come lei». «Lei non mi chiede nulla perché pensa che sono troppo vecchia per questo genere? - ci interrompe stizzita Rosy, 55 anni - Sbaglia: porto il tacco misura 7, specie ora che sto invecchiando e mi curvo un po’. E le fidanzate di mio figlio mi tampinano. Non ce n’è stata una che non mi ha chiesto di portare un modello nuovo dalla fabbrica».

A proposito di fidanzate, Umberto, 31 anni, è uno che se ne intende. Lui in fabbrica fa il modellista e delle scarpe più desiderate dalle newyorchesi è il miglior promotore: «Non sa quante ragazze ho conosciuto grazie a questo lavoro. Le nostre scarpe sono un accessorio talmente esclusivo che tutte le donne vorrebbero portarle».

Nessuna critica da Umberto nemmeno ai prezzi, che per chi lavora in fabbrica rappresentano almeno il doppio di uno stipendio medio: «Hanno fatto successo anche per questo. Perché sono uniche, per certi versi anche irraggiungibili. Il sogno di ogni donna». Ma non tutti la pensano allo stesso modo: «Per alcune di noi - spiega Samantha, 33 anni, sette dei quali passati in fabbrica - sono inaccessibili -. Ma anche per questo vederle ai piedi di grandi attrici ti dà ancora più orgoglio. In Italia non sono nemmeno così sconosciute ma in America ne vanno matti». Certo che di lavoro dietro a questo prodotto ce n’è: i turni in fabbrica vanno dalle 8 alle 17.30, ogni anno si producono centomila paia di scarpe in ognuno dei tre stabilimenti per i modelli femminili.

E anche lui Manolo Blahnik ogni tanto si fa vedere: «È un uomo riservato, adesso ha anche la sua età. Qui ci arrivano i suoi schizzi a mano e noi li realizziamo con il meglio delle pelli italiane, delle nostre braccia e delle nostre intelligenze».

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