
Se la guerra è ciò che vogliono gli Stati Uniti, che si tratti di una guerra dei dazi, di guerra commerciale, o di qualsiasi altro tipo di guerra, siamo pronti a combattere fino alla fine». Questa dichiarazione diffusa dall'ambasciata cinese negli Stati Uniti, in risposta alla prima fase dell'escalation di dazi del presidente Trump quest'anno, prima delle ben più ampie tensioni in cui siamo immersi, mostrava già la dinamica conflittuale tra Stati Uniti e Cina nel quadro della guerra commerciale, oltre alla connessione tra dimensione commerciale, manifatturiera e tecnologica.
Questa è la storia, sempre più visibile, dell'ultimo decennio. L'ambiente in cui emerge la prospettiva della guerra commerciale, con Donald Trump nel 2016, è già segnato dal dibattito sul Piano Made in China 2025, con cui la Repubblica Popolare Cinese esprime la volontà di portare la sua capacità industriale nelle filiere tecnologiche. Questo processo caratterizza soprattutto quella che, per parafrasare Drucker sull'automobile, è «l'industria delle industrie» della nostra epoca digitale: l'ecosistema dei semiconduttori. Poiché i semiconduttori sono l'infrastruttura fondamentale della vita digitale e dei mercati che si estendono dagli anni '50 ai giorni nostri, dai sistemi d'arma all'elettronica di consumo, fino al personal computer, all'automotive, agli smartphone e ai data center, per Pechino diviene cruciale scalare posizioni nei suoi segmenti. È infatti un ecosistema ampio, ma con alcuni colli di bottiglia essenziali. In una prima fase della guerra tecnologica, la Cina agisce attraverso acquisizioni di proprietà intellettuale. La fase successiva della guerra tecnologica vede al centro il caso Huawei, con l'arresto a Vancouver di Meng Wanzhou, direttrice finanziaria e figlia del fondatore dell'azienda. Il caso Huawei dà a Washington l'occasione di recidere i legami tra l'azienda cinese, fondata a Shenzhen nel 1987 da Ren Zhengfei, e Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), fondata a Taipei nel 1987 da Morris Chang. Huawei, con la sua divisione di progettazione, era ormai divenuta il secondo cliente, dopo Apple, del gigante taiwanese della produzione di semiconduttori, azienda indispensabile del nostro mondo. L'utilizzo dei controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti impedisce di fatto all'azienda di Shenzhen di continuare a produrre smartphone per qualche anno. La guerra tecnologica, per la Cina, è un titanico tentativo di organizzazione di una filiera parallela sui semiconduttori, sostituendo per quanto possibile le capacità allineate alla filiera statunitense, mentre si continuano a sviluppare altri giganti, dall'elettronica ai droni. Fino all'auto elettrica, con l'ascesa di Byd.
Nel sistema convivono due dinamiche: l'interdipendenza, grazie a cui è possibile ottenere i prodotti finiti che danno forma alla nostra vita digitale; la spinta verso l'autosufficienza, per ragioni di sicurezza nazionale e di controllo della filiera. Nicholas Mulder, in un libro che Einaudi pubblicherà a fine anno anche in italiano, analizza il rilievo dell'arma economica con la storia delle sanzioni tra le due guerre mondiali. Oggi vari tipi di sanzioni e di controlli sulle esportazioni si applicano alle tecnologie, scuotendo le filiere nel mondo dei dazi. Mentre a una zona grigia di transazioni lecite si affiancano l'illecito e lo spionaggio industriale. Per esempio, a febbraio 2025 Linwei Ding, noto anche come Leon Ding, ex ingegnere software di Google, è incriminato con 14 capi d'accusa per spionaggio economico e furto di segreti commerciali. Secondo le autorità degli Stati Uniti, avrebbe sottratto informazioni proprietarie sull'intelligenza artificiale di Google, relative sia al software che all'hardware, per favorire due aziende cinesi con cui collaborava segretamente. È accusato di aver caricato oltre mille file contenenti dettagli su chip e tecnologie di Google su un account personale, e di aver usato Apple Notes e i Pdf per eludere i sistemi di sicurezza. Inoltre, la Cina è stata accusata di attuare strategie aggressive di reclutamento, cercando di assumere dipendenti di aziende chiave come Zeiss Smt e Asml.
Informazioni e talenti sono tasselli fondamentali di questa «guerra tecnologica a pezzi», mentre anche nel sistema degli Stati Uniti vediamo una crescente torsione delle aziende verso la sicurezza nazionale, soprattutto per quanto riguarda l'intelligenza artificiale nel 2025. All'inizio dell'anno, il caso DeepSeek, principale sorpresa tecnologica cinese nel settore, porta aziende come OpenAI e Anthropic a chiedere sempre più una protezione al sistema istituzionale statunitense, considerando di fatto l'intelligenza artificiale uno strumento politico per contrastare la concorrenza cinese.
Un elemento cruciale di questa fase della guerra tecnologica è il riconoscimento della dimensione fisica della tecnologia, tema che ho posto al centro dei miei libri Le potenze del capitalismo politico (2020), Il dominio del XXI secolo (2022) e Geopolitica dell'intelligenza artificiale (2024). Non c'è potere tecnologico senza capacità industriale, senza manifattura. Fino alla logica dell'Arsenale. La figura centrale per comprendere questa dinamica, in cui la debolezza manifatturiera statunitense non può essere più tollerata, è Palmer Luckey. Il giovane inventore californiano, classe 1992, ha creato l'azienda di dispositivi per la realtà virtuale Oculus e ha poi avviato nel 2017 Anduril, per la produzione di sistemi di difesa. Produzione che, secondo Luckey, deve essere realizzata con una capacità industriale che sappia separarsi dalla filiera cinese, che lui stesso utilizzava ai tempi di Oculus. Luckey riprende il concetto di Arsenale della Democrazia, utilizzato da Roosevelt per descrivere il ruolo degli Usa come principale fornitore di armamenti per gli alleati. Anduril intende ricostruire l'arsenale attraverso l'uso di tecnologie moderne e processi produttivi avanzati, al fine di mantenere la superiorità tecnologica e militare come deterrenza.
Ciò che è commerciale diventa tema di sicurezza nazionale. La capacità militare dipende dall'accelerazione tecnologica. La rinascita industriale è ritenuta necessaria per la sicurezza nazionale. Senza Arsenale, non c'è potere, e si soccombe prima di combattere.
Anche i dazi, in modo più o meno ingenuo, dipendono da questo processo. Solo che l'avversario cinese non ha alcuna intenzione di rinunciare alle sue ambizioni e alle sue capacità. Per questo continuiamo a vivere in un'epoca di guerra tecnologica. E non sarà a bassa intensità.
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