"Non faccio politica, il mio live è un viaggio cantando l'amore"

L'artista Riccardo Cocciante da domenica agli Arcimboldi. "Io e la mia band, ritorno alle origini"

"Non faccio politica, il mio live è un viaggio cantando l'amore"
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Da Dublino, dove vive ormai da anni, a Milano, dove, agli Arcimboldi terrà una serie di concerti: domenica, martedì e venerdì, poi domenica 16 e martedì (ore 21). Stiamo parlando di Riccardo (Vincent) Cocciante, nato a Saigon, che da poco ha compiuto 79 anni.

Un ritorno in «pista», il suo, con grinta e nuove idee. Quanti successi da cantare durante i «live», nell'anno, tra l'altro, in cui ricorre il 50esimo di una delle sue hit assolute, la canzone «Margherita». Saranno concerti riepilogativi, un vero e proprio viaggio nella sua musica, dal principio (era il 1968) in poi, pezzi come «Bella senz'anima», «Celeste Nostalgia» e «Se stiamo insieme», per dirne alcuni.

Riccardo Cocciante agli Arcimboldi, che cosa succederà sul palcoscenico?

«Per questi eventi ho scelto la formula della band, ho voluto togliere l'orchestra, tranne quattro strumenti a corda, tutto il resto è formato da un gruppo. Ho scelto questo per ritornare, in qualche modo, alle origini. Chi sente i miei dischi può constatare che non sempre c'è l'orchestra».

Quali sono state le canzoni che hanno ha fatto da cerniera tra lei e il pubblico?

«È la storia di una carriera. Ci sono stati tanti momenti, molti colori, tanti modi di essere se stessi. Ho voluto, ogni volta, un po' variare. C'è stato il periodo Luberti (paroliere, ndr), poi il periodo-Mogol. In tutti gli incontri c'è una fusione, differente, tra l'autore dei testi e il compositore della musica. Io, per realizzare una canzone parto dalla musica».

Lei che torna a Milano, che effetto le fa?

«In realtà conosco poco Milano, so che con questa città ho avuto sempre un contatto molto caldo, molto affettuoso, da parte del pubblico; devo dire di più rispetto ad alcune altre città italiane. Quindi, ritorno qui con grande piacere».

Forse ci sono comunque dei ricordi, ricordi di periodi diversi rispetto a oggi, quando c'era più politica...

«Beh sì, ma io ero completamente fuori da queste cose, non volevo immischiarmi. Per esempio, non andavo alla Festa dell'Unità; e, a un certo momento, non mi hanno più cercato. Ero contro a un certo modo. La canzone Margherita uscì proprio in quel periodo, la metà degli anni Settanta, fu un contrasto enorme...».

Probabilmente tirava pure un'altra aria...

«Certe volte non bisogna stare attenti a quello che il pubblico ti chiede, ma devi essere tu a proporre, il tuo discorso».

Arrivando ai giorni nostri, come vede la forma «canzone»?

«La canzone attuale somiglia molto a quello che siamo oggi, come dire, tecnologici, completamente tecnologici. Nei pezzi si sente anche questo; una situazione industriale, la modalità di farle, le canzoni, anche in maniera «calcolata». Ho sempre amato l'artigianato, quello che avevamo noi; era un artigianato spontaneo, dava dei risultati belli, interessanti».

Quindi?

«Il successo non si fabbrica, il successo viene per quello che l'artista sa proporre, la sua arte, fatta di tutto e di niente, e non si sa questa da dove viene. Noi esistiamo per quella proposta vera, ingenua, autentica che noi riusciamo a dare».

Un artista deve testimoniare il suo tempo... eventualmente come?

«Personalmente non ho mai parlato di politica. Ma dico sempre che la libertà la lasciamo a tutti, poi se viene accettata oppure no, lo si vede dopo. Una persona deve avere la libertà di parlare come vuole».

Gran

finale, con progetti magari all'orizzonte...

«C'è un nuovo disco che vado a registrare, tra poco. E questo vuol dire nuove canzoni. Il contenuto? Sono io. Magari vivo la mia epoca in maniera diversa, ma sono sempre io».

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