«Le nostre aziende nel mirino degli arabi»

Tremonti: «Non serve un decreto, basta un emendamento alle misure di sostegno alle banche»

nostro inviato a Bruxelles

Attenzione agli speculatori! Non è il rimbalzo negativo di ieri sulle piazze finanziarie a preoccupare Silvio Berlusconi, giunto a Bruxelles per il vertice europeo. Quanto il fatto che le manovre intessute sui titoli in questi giorni di post-crisi possano divenire strumentali o addirittura trasformarsi in «opa ostili» nei confronti di aziende che hanno finito per essere sottocapitalizzate dalla tempesta dei derivati e dei mutui subprime.
«Molte validissime imprese italiane - osserva infatti il presidente del Consiglio al termine del consueto vertice pre-summit dei Popolari europei - hanno oggi una quotazione che non corrisponde assolutamente al loro valore. Credo ci siano ottime occasioni per chi, disponendo di capitali, e penso a certi fondi sovrani, volesse proporre delle opa ostili. Questa è una cosa che, effettivamente, ci preoccupa». Ma il bello viene a questo punto. Perché, messa in angolo l'altalena borsistica, ieri al ribasso («è il teatro di chi pensa di poter realizzare utili sia quando sono al massimo che al minimo e penso sia in atto un'attività di questo tipo»), Berlusconi lancia una bordata destinata a lasciare qualche segno. Notizie di fondi che stanno muovendo contro consolidati interessi europei? E lui: «Ho notizie di Paesi produttori di petrolio che hanno molti fondi e stanno acquistando massicciamente sui nostri mercati». Notizia che in serata lo stesso premier, con al fianco Tremonti e Frattini, conferma aggiungendo che «Consob e Tesoro stanno già lavorando per introdurre una passivity rule», cioè norme che consentano alle aziende di difendersi da Opa ostili. E il ministro dell’Economia precisa: «Non servirà un decreto, basterà un emendamento ai provvedimenti salva-banche».
In sostanza, come ha tenuto a far presente Berlusconi, il summit di Parigi ha bloccato i tuoni e i fulmini che minacciavano le banche di distruzione, ma il temporale non è ancora finito. E non solo perché se si è riusciti a debellare il panico con la decisione di foraggiare gli istituti di credito, non siamo ancora in grado di contabilizzare le ricadute negative sull'economia reale, che il presidente del Consiglio si augura comunque «non eccessive». Ma soprattutto perché ci sono pacchi di azioni di società importanti - Berlusconi aveva parlato tempo fa di Eni ed Enel - che, grazie alle vendite fatte in Italia, diventano molto appetibili per chi ha disponibilità in euro o in dollari. E non si è fuori dalla crisi, anche perché bisognerà individuare nuove regole che impediscano un bis di una crisi come quella appena vissuta.
Non si espone Berlusconi sul «supervisore» europeo dei mercati che in mattinata - e poi nella riunione del summit - hanno reclamato tanto Barroso che Gordon Brown. Ma ammette che bisogna darsi delle regole nuove, a cominciare da quelle contabili. Non si oppone ad una nuova Bretton Woods (che Sarkozy vorrebbe entro fine anno a New York), ma rileva che la sua idea, che ormai marcia spedita, è quella di formare un G-plus, fatto di 14 Paesi che, come evidenzia Tremonti, dovrebbero trovare nuovi accordi su commercio, cambi e capitali in movimento. D'accordo con Sarkozy, poi, il governo italiano sul blocco di stipendi e liquidazioni d'oro dei banchieri macchiatisi di colpe e nella messa in fuori gioco dei «paradisi fiscali» che ci costerebbero 100 miliardi di euro l'anno.
Proprio perché la crisi dei mutui Usa rischia di costare, e tanto, il premier chiede poi che il pacchetto clima sia ridefinito cancellando quei «crediti all'inquinamento» che fanno il paio coi titoli avariati delle banche. Non è il solo a chiedere un ripensamento, minacciando un veto a questa voce: la Polonia e altri 8 Paesi dell'Est vengono allo scoperto per reclamare cambi di rotta. «Il risanamento climatico - osserva Berlusconi - ci deve vedere impegnati sui risultati previsti per il 2020, ma la crisi e il fatto che Cina e Usa a questo punto si allontanino dall'adesione ai trattati di contenimento del Co2 dovrebbero comportare una fase di attesa». I leader dell’Unione europea non «possono andare avanti da soli a fare i Don Chisciotte».


A consolarlo resta la grande adesione popolare alla sua politica, sancita dai sondaggi. E la longevità politica gli ispira una battuta. «Fra cinque anni va a finire che arrivo a 19 anni» di governo. «Quanti anni ci è restato quello là?». E i cronisti: «Gliene manca ancora uno presidente...».

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