di Matteo Sacchi
L idea su cui la maggior parte dei guru della scienza concordano, da Kaku agli astrofisici della Nasa passando per Elon Musk, è che vivere su un pianeta solo, alla lunga, non è una bella idea. Per dirla con le parole dell`astronomo Carl Sagan (1934-1996): «Se è in gioco la nostra sopravvivenza sul lungo periodo, abbiamo la precisa responsabilità - nei confronti della nostra specie - di avventurarci verso altri mondi». Statisticamente parlando spiega Kaku: «Nella storia della terra il 99,9 per cento delle specie si è rivelato destinato all`estinzione. Per nostra fortuna oggi stiamo creando gli strumenti che ci consentiranno di sconfiggere queste ineluttabili avversità». Le avversità vanno dalle eruzioni vulcaniche gigantesche alle 16mila 294 asteroidi identificate che potrebbero, sul lunghissimo periodo, intercettare la rotta della terra. Ecco allora che Marte per gli scienziati è il primo dei nostri «piani B». Per Kaku e Musk, ad esempio, potremmo avere una colonia stabile entro l`inizio del XXII secolo. Certo i coloni dovranno affrontare un gran numero di «disagi», dalle radiazioni alla bassa gravità. Ma alla lunga una serie di nuove tecnologie, dal grafene ai motori a ioni, potrebbero consentire di «terraformare» il pianeta. Se ciò accadesse entro il XXIIIesimo secolo potremmo essere una specie biplanetaria, e poi dedicarci al resto del sistema solare. Solo nel raggio di qualche migliaio di anni luce sono stati avvistati almeno tre pianeti che potrebbero essere abitati. Facendo una statistica estesa alla galassia i fisici sono arrivati alla conclusione che nella nostra galassia i pianeti di tipo terrestre dovrebbero essere almeno venti miliardi. Visto che le galassie sono cento miliardi... va da se che l`esistenza di altra vita nello spazio è praticamente un fatto.
Esiste anche un equazione matematica, conosciuta come equazione di Drake, che consente di calcolare quante sarebbero le civiltà aliene in grado di comunicare presenti al momento. Il più è capire come andrà il contatto. Secondo Kaku avverrà attraverso segnali radio o laser, perché se per noi attraversare lo spazio è un problema è probabile che lo sia per tutti. E in generale Kaku, in questo campo, è più ottimista di quanto lo fosse Stephen Hawking: reputa molto difficile che gli alieni avrebbero interesse a farci del male. Se hanno i mezzi per viaggiare nello spazio ci troveranno semplicemente primitivi e carini da studiare, se non li hanno non si pone il problema.
Ma alla fine la parte più interessante è quella sugli sviluppi della genetica e della robotica.
In questi due ambiti lo sviluppo di una vera intelligenza artificiale, a partire dai computer quantistici, e la possibilità sempre più evidente di modificare il corpo umano (che per i viaggi spaziali è quanto mai inefficiente) potrebbero trasformare noi in «alieni». Insomma tra un paio di secoli nuove creature in cui macchina e uomo convivono in simbiosi potrebbero guardarsi indietro e faticare a riconoscersi in noi, i loro trisnonni.Il Giornale, 3 aprile 2018
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