La nuova frontiera dell'arte: scandalizzare all’ultimo sangue

Riapre la mostra sospesa per la crudezza dei video girati da Adel Abdessemed. Erede della "Body art"

La nuova frontiera dell'arte: scandalizzare all’ultimo sangue

La mostra «Le ali di Dio» dell’artista franco-algerino Adel Abdessemed è stata finalmente inaugurata. Il pubblico della torinese Fondazione Sandretto Re Rebaudengo potrà finalmente ammirare le immagini del video Trust me, girato nel 2007 dove si vedono cerbiatti, cavalli, mucche, maiali, capre nel momento in cui vengono uccisi con un colpo di martello. «La nuda brutalità del morire, senza alcun sottinteso romantico», spiega nel catalogo il curatore Francesco Bonami.

Fu per le vivaci proteste delle associazioni animaliste che la mostra venne bloccata e l’assessorato all’ambiente del comune di Torino sporse denuncia alla procura per crudeltà verso gli animali. Ma i giudici non hanno ravvisato nelle opere alcun elemento di reato. L’arte ha delle ragioni che la ragione non conosce.
Analogamente, l’aver lasciato morire di fame in una galleria d’arte di Managua un cane, legato davanti a una irraggiungibile ciotola di cibo, non ha impedito l’anno scorso che l’artista del Costa Rica Guillermo Vargas partecipasse alla Biennale Centromericana 2008 nonostante le proteste di mezzo mondo. A Torino sono più riguardosi e un comunicato avverte che «nello spazio espositivo compariranno avvertimenti sulla presenza di immagini che, pur avendo come unico obiettivo la ferma condanna alla violenza in ogni sua forma, potrebbero urtare la sensibilità del pubblico». Caso mai qualcuno equivocasse.

Ma è anche probabile che il pubblico accorra proprio per vedere «quelle» immagini, crogiolandosi nel frisson delle sensazioni forti. Non diversamente da quanto accadde nel lontano 1962 alla performance di Hermann Nitsch, artista austriaco della body art, che crocifisse in pubblico un agnello e ne depose su un tavolo le viscere sanguinolente, invitando i presenti a prendere parte al «rito». Invece di andarsene disgustato, il pubblico dimostrò uno sconcertante entusiasmo partecipativo. A Nitsch, oggi settantenne, Napoli ha dedicato un Museo Archivio Laboratorio per le Arti contemporanee in un’ex centrale elettrica a Vico Lungo Pontecorvo, dove ricreare l’atmosfera del suo OM Theater (Teatro delle orge e dei misteri) celebre per le performance dove venivano macellati animali per giorni e giorni al suono ossessivo di un’orchestrina.

La body art, che si esprime attraverso la performance utilizzando il corpo come protagonista dell’evento artistico, ha per l’emoglobina una naturale propensione. E se Nitsch utilizza gli animali, Gunter Brus, altro performer della cosiddetta Scuola Viennese, infliggeva a se stesso ferite e mutilazioni che lo portarono alla morte per dissanguamento nel 1969. Gina Pane (Biarritz 1939-Parigi 1990) si sfregiava il viso con una lametta, si faceva fotografare con i vermi che le passeggiavano in faccia. La celebre body artist serba Marina Abramovic, che quest’anno avrà una grande retrospettiva al Kunst Museum di Bonn, ha vinto il Leone d’oro alla Biennale di Venezia del 1997 con Balkan Baroque, una performance in cui ha spolpato per ventidue ore ossa insanguinate di animali.Un’allusione agli orrori dlela guerra balcanica.

Gli artisti fotografi di oggi hanno invece una più spiccata predilezione per la necrofilia.

L’afro-americano Andres Serrano, che espose al Pac di Milano nel 2007 i suoi scatti realizzati alla morgue, ora è protagonista in una nuova galleria napoletana (Nai Arte Contemporanea) con venti fotografie tra cui la celebre Piss Christ che ritrae un crocefisso immerso nell’urina. Joel Peter Witkin, anche lui in mostra al Pac nel 2008, giocando fra immagini di vita e di morte, ritrae un uomo di cui restano solo le gambe (Corpus medium) e un cadavere ricucito dopo l’autopsia (Glassman).

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