Via alla nuova legge sulle intercettazioni nonostante il governo

Palazzo Madama approva le nuove norme senza modifiche. Castelli: «Esecutivo preso a calci»

Marianna Bartoccelli

da Roma

Alla fine il governo porta a casa la legge sulle intercettazioni così come è stata varata dalla commissione presieduta dal diessino Cesare Salvi, senza grosse variazioni e con l’accordo con l’opposizione, ex-guardasigilli Castelli incluso. Anche se la Lega si è astenuta. Adesso tocca alla Camera rendere definitiva la legge. Ma sull’approvazione bipartisan incombe l’ambiguo atteggiamento del Governo Prodi che ha provato nel giro di 24 ore a modificare un disegno di legge faticosamente concordato tra maggioranza e opposizione, stravolgendone il senso. E anche se alla fine gli emendamenti voluti da Prodi sono stati ritirati, restano in piedi gli evidenti contrasti all’interno dell’Unione e «la sensazione di trovarsi davanti un governo in crisi di identità», sottolinea Renato Schifani, capogruppo di Fi. «Il governo è stato preso a calci» sintetizza l’ex-ministro Roberto Castelli dopo la decisione di Mastella di ritirare i propri emendamenti.
C’è voluta tutta la capacità mediatrice nel centrosinistra dello stesso Salvi, di Massimo Brutti dei Ds e del senatore Guido Calvi, e nel centrodestra di Roberto Centaro di Fi, del presidente del gruppo parlamentare Renato Schifani, e di Giuseppe Valentino e Antonio Caruso di An, per evitare la spaccatura e varare un disegno di legge ritenuto da tutti fondamentale per le garanzie democratiche del cittadino e per l’utilizzo nelle indagini delle intercettazioni legali.
Alla fine il decreto legge approvato in tutta fretta dopo l’esplosione dello scandalo delle intercettazioni Telecom è stato trasformato in legge e prevede che il Pm disponga l’immediata secretazione delle intercettazioni e la loro custodia «in luogo protetto». Sarà vietato «effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento e il loro contenuto non può essere utilizzato». Sarà il Pm a chiederne al Gip la distruzione e il Gip, entro le successive 48 ore dalla richiesta, fissa l’udienza da tenersi entro 10 giorni, dando avviso a tutte le parti interessate che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell’udienza». Questa la norma ritenuta centrale che garantisce che la decisione venga presa da un giudice, come hanno chiesto gli stessi magistrati che comunque considerano sbagliato distruggere possibili prove di reato, anche se illegali. Nella stesura finale del testo è stata anche tolta la norma che vietava di iniziare indagini sulla base dei reati evidenziati nelle intercettazioni illegali. Rimangono in piedi le pene pecuniare per l’editore e il direttore del giornale che pubblicano intercettazioni illegali. Il più critico è rimasto il senatore Castelli della Lega che nei suoi interventi ha evidenziato come il problema fondamentale sia quello dell’uso illegale delle intercettazioni legali e che il fatto che il decreto legge approvato in fretta dal governo non abbia dato seguito a nessuna iniziativa dimostra come nella vicenda Telecom non ci siano state intercettazioni, ma soltanto i tabulati relativi a scambi telefonici. E che il decreto legge del ministro Mastella sia rimasto inapplicato lo ha sottolineato anche il ds Calvi. Ma la vicenda intercettazioni non si è conclusa con l’approvazione della nuova legge.

Adesso rimane, ha sottolineato lo stesso Cesare Salvi, un quesito che non tarderà a creare nuovi problemi dentro la maggioranza: «Se l’allarme sociale delle intercettazioni era tale da giustificare una decretazione d’urgenza che nel testo iniziale era addirittura oltre i limiti costituzionali, come si spiega che i funzionari del Sismi coinvolti nelle indagini siano ancora al loro posto? La domanda, ovviamente, è rivolta sia al governo sia al Copaco».

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