Peter Frankopan è uno storico, discendente di una nobile famiglia croata, professore di Storia globale a Oxford, dove dirige anche l'Istituto di ricerche Bizantine, e direttore degli studi sulle Vie della seta a Cambridge. Ed è convinto, come spiega il suo bestseller, che intorno alle Vie della seta (Mondadori 2021) si costruisca «Una nuova storia del mondo». E dei suoi imperi, quindi.
Professore, oggi ci sono nuove Vie della seta?
«Le Vie della seta sono un modo per raccontare gli scambi culturali e commerciali che, per millenni, hanno collegato molte parti dell'Asia fra loro e con altri continenti. Oggi pensiamo alle connessioni che legano il 65 per cento della popolazione che vive a Est di Istanbul».
Il nuovo centro, gli imperi di Cina e India?
«Le decisioni prese dai leader, dai media e dalla gente di questi Paesi daranno forma al futuro, per tutti noi, per via della loro crescita economica, del fabbisogno di cibo e di energia, dell'impatto sull'ambiente e sul clima. Il futuro non sarà modellato a Roma, Bruxelles o Londra, bensì a Ryad, Delhi, Pechino, Islamabad, Manila... Sia per le opportunità, sia per le sfide».
Il mito dell'Impero è ancora forte?
«Oggi ci sono molti imperi. Alcuni dei più interessanti sono quelli che non sono Stati, bensì corporation, che agiscono e si comportano come imperi e hanno strutture che rispecchiano quelle degli imperi; in alcuni casi hanno perfino capacità imperiali, e non solo in termini finanziari».
Per esempio?
«Le corporation con programmi spaziali, o i sistemi di raccolta di dati su larga scala rivaleggiano e competono con gli Stati. Quindi, sì: gli imperi sono vivi e vegeti. E questo dovrebbe preoccuparci, credo».
Ci sono però altri imperi in declino.
«Nel caso di Europa e Gran Bretagna, ci vuole coraggio per affermare che i nostri giorni migliori ci aspettano... Dopo tutto, l'Impero romano, quello britannico, il francese e altri hanno colonizzato ampie parti del mondo, reso schiavi milioni di persone e sfruttato le risorse. Non credo possa accadere di nuovo».
La Russia?
«La Russia invece sta cercando di fare proprio quello, e non solo in Ucraina. Ma lo ha fatto malamente e, a causa di una serie di terribili errori di valutazione, ha indebolito la propria posizione, in casa e all'estero. Cina e Stati Uniti sono in situazioni diverse, e io credo che la questione cruciale non sia la crescita o il declino di uno o dell'altro, bensì la relazione fra i due».
Come si vede il declino in termini di influenza?
«L'India non ha un seggio permanente al Consiglio di sicurezza dell'Onu; e neppure la Nigeria, l'Indonesia, il Pakistan o le Filippine. C'è molta richiesta, da parte di questi Paesi, di nuove istituzioni che consentano loro di avere una voce. Questo è compreso molto bene da Mosca e da Pechino, che infatti parlano di mondo multipolare e di scostamento da un mondo controllato dall'Occidente».
In che cosa i nuovi imperi sono diversi?
«Le nuove tecnologie cambiano gli imperi, quello che sono e possono fare. Alla fine, tutto si riduce a catene di comando, strutture, innovazione, adattabilità e all'avere una visione di ciò che ci aspetta. Tutto ciò scarseggia in Europa, dove il dibattito politico sembra concentrato sul riportare il tempo indietro, a una mitica età dell'oro».
Il declino dell'Occidente è inevitabile?
«Se per Occidente intende l'Europa, le cose sembrano complicate... Ci sono grandi sfide e, per alcune, non ci sono soluzioni ovvie, o semplici. Gli Stati Uniti sono un'altra storia e riguardo a essi sono molto più positivo».
E la Russia?
«La Russia è una tragedia. Gli errori fatti con l'invasione dell'Ucraina hanno ridotto la Russia da potenza seria a paria globale, che importa armi dalla Corea del Nord».
È possibile fare qualcosa?
«Per un professore, come me, tutto inizia e finisce con l'istruzione.
In Europa, i nostri giovani sono intelligenti e motivati, ma vivono in una bolla: quasi nessuno parla una lingua non europea; nessuno saprebbe nominare una popstar cinese, coreana o araba, un film nigeriano o indiano, o una persona famosa dalla storia del novanta per cento del mondo. Se vuoi influenzare il mondo, devi prima comprenderlo».
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