E' un Barack Obama sorridente quello che viene accolto dagli applausi della comunità italoamericana alla serata di gala nella National Italian American Foundation. Ci vuole poco perché il presidente americano guadagni la simpatia delle 2.500 persone sedute ai tavoli della International Ballroom del Washington Hilton Hotel.
"Viva l'Italia", ha esclamato in italiano, passando però subito dopo all'inglese per celebrare lo stretto legame tra gli Stati Uniti e l'Italia. Obama infatti ha definito l'Italia "uno dei più saldi alleati degli Stati Uniti e tra i fondatori della Nato" e ha detto di attendere il G20 della settimana prossima "per lavorare con l'Italia per prendere una serie di decisioni molto importanti per l'economia globale".
Poi il tono si è fatto più faceto. A un anno dalle prossime elezioni presidenziali del 2012, Obama cerca di attrarre il consenso anche delle minoranze. E quale migliore occasione, se non questa, per saldare il rapporto con la comunità italoamericana
"Non ho antenati italiani, non so cantare come Frankie Avalon, Michelle non mi lascia mangiare il secondo piatto, non so cucinare come le vostre nonne, l'unica cosa che posso offrire è un cognome che finisce per vocale", ha detto Obama, dicendosi "happy to see so many amici" (felice di vedere così tanti amici).
Obama non ha perso l'occasione per ricordare gli italoamericani che hanno combattuto per gli Stati Uniti: "Cosa sarebbe l'America senza gli italiani?", ha detto ricordando Giovanni da Verrazzano e Cristoforo Colombo, Enrico Fermi e Frank Sinatra, Joe Di Maggio e Sofia Loren, Machiavelli?
Infine Obama ha dedicato un pensiero agli emigranti italiani arrivati nel corso degli anni negli Stati Uniti, soprattutto quelli del dopoguerra: "Sono venuti in cerca di un'opportunità, senza avere molto, non erano ricchi.
Ma avevano un'incrollabile speranza nelle possibilità americane, nel fatto di potere essere liberi e di potercela fare se ci avessero provato. Non è stato facile, non sempre sono stati i benvenuti", ma sono poi diventati un esempio del sogno americano che ha spinto i genitori a volere il meglio per i propri figli.
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