Oh bej oh bej, Milano perde la memoria

(...) Ma il risvolto popolare della festa milanesissima, la Fiera degli Oh bej oh bej, non ha avuto eguale fortuna e ha deluso chi sperava di ritrovare magari atmosfere del tempo perduto, oggetti smarriti nella memoria, anche le piccole cose inutili e vere che sono il sale di questi mercatini. Innanzitutto, è stato indubbiamente un errore spostare la fiera da Sant’Ambrogio, collocazione storica, a piazza Castello. Lo spazio è aumentato, ma si è creato un intoppo al traffico: una cosa è chiudere un’area ristretta nel cuore della città dove non ci sono grandi flussi di circolazione, un’altra è transennare uno spazio nevralgico in cui lo scorrimento dovrebbe essere più veloce.
Non basta. I mezzi pubblici, nonostante il potenziamento, non sono bastati per assorbire il grande flusso dei passeggeri. Di qui un altro fattore d’ingorgo, perché ha dovuto ricorrere all’automobile anche chi ne avrebbe fatto volentieri a meno. Previsioni sbagliate? Risparmi sui costi del lavoro festivo? Chissà. Infine- e questo non riguarda amministratori e servizi pubblici - è risultata terribilmente scadente la qualità e la varietà delle mercanzie offerte.

Impossibile cercare e trovare oggetti singolari o curiosità non trattate in negozi e supermercati, ci si è dovuti districare fra bancarelle e chioschi che offrivano dalla porchetta ai formaggi di montagna, passando per altre ipercaloriche preparazioni. Collanine, ninnoli, modernariato finto forse made in China. Che Sant’Ambrogio non si adonti.

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