Gli olandesi del sudamerica contro i brasiliani d’Europa

La sfida fra Brasile e Olanda. I verdeoro più machete che samba di ct Dunga dovranno fermare gli arancioni tutto genio e fantasia guidati da Robben e Sneijder

Gli olandesi del sudamerica contro i brasiliani d’Europa

Tra mulini a vento e favelas, oggi si fa festa o funerale. Olanda-Brasile è la partita, meno storica ma più imprevedibile e affascinante di Germania-Argentina. Il calcio di sempre, quello di Rio, il football di ieri, quello di Amsterdam. Di certo due scuole lontanissime sul mappamondo ma riavvicinate dal gusto per il gioco, dal piacere per la giocata. C’erano una volta Crujff e Pelè, tanto per sfogliare il diario e l’album delle figurine, campioni naturali, dribbling e arte nel tocco di un pallone. L’Olanda di oggi, dopo un periodo di buio, ritrova la genialità di Robben, la magia di Sneijder. Il Brasile di oggi non ha un Fenomeno ma una banda che alterna il samba al machete. Tutto si scrive e si sa di Dunga, quello che giocava con la carta moschicida al piede. Poco si conosce di Bert van Marwijk a parte l’asterisco gossipparo: è il suocero di Marco van Bommel, centrocampista e dunque suo genero, roba che dalle nostre parti avrebbe già procurato interrogazioni parlamentari e indagini dei pm.
Oggi potrebbe andare a casa la squadra penta campeon e prevedo lacrime e suicidi. Se toccherà all’Olanda nessuno potrà fiatare ma se ci fosse una sorta di Dio del pallone sarebbe davvero bello assistere a una partita di football antico, con tutto quello che comporta, colpi di scena, gol, parate clamorose, dribbling, pali, traverse. L’Olanda è capace di questo, ho detto di Robben e di Sneijder che sono così bravi non soltanto perché finalisti di champions league ma soprattutto perché provenienti entrambi come merce rifiutata dal galactico Real Madrid. A questo punto uno si dovrebbe domandare: chi ha ragione? Gli allenatori o i calciatori. La risposta è facilissima, basta osservare una partita di football, basta osservare l’Inter o il Bayern di Monaco o, in una volta sola, l’Olanda. Due uomini possono fare risultato e squadra, due uomini che sfuggono al tatticismo ma rientrano nella tattica, un trequartista che manda a quel paese la formula infame del 4-4-2, una punta che non necessariamente gioca centrale ma punge da ogni dove. Van Marwijk non ha badato all’almanacco e al museo olandese, niente da fare per alcuni tulipani appassiti o di colore ambiguo, niente Van der Sar, niente Van Nilsterooy, niente Seedorf.
Di contro il Brasile va sul sodo, avendo lasciato a casa i suoi fenomeni dell’ultima e penultima generazione, Pato-Adriano-Ronaldinho, preferendo gente sana, meno incasinata nella vita e nella carriera. Dunga non è amato dalla stampa che si era abituata al futbol bailado ma vedendo Luis Fabiano e Ramirez, Maicon e Bastos che altro si può chiedere al Brasile? Può permettersi il lusso di schierare un parente di Faustino Asprilla, al secolo Robinho, può anche utilizzare quel raccattapalle violento di Filippo Melo e poi avere anche la faccia di bronzo, per non dire altro, di attaccare arbitri e avversari che picchierebbero oltre misura.
Stando agli scommettitori, stando a quelli che seguono il calcio da dentro, allenatori ed ex calciatori, il Brasile starebbe già pensando alla semifinale e l’Olanda farà l’olandesina, come al solito. Mi sbilancio: sono curioso di vedere il primo affondo di Sneijder dirimpetto al suo sodale interista Lucio, così come mi piacerebbe assistere a un dribbling di Robben sul corridoio di sinistra laddove viaggia il treno ad altissima velocità di Maicon. Quest’ultimo vorrebbe andare, o forse lo vorrebbe il suo procuratore, a Madrid.

Ne approfitti, chieda informazioni ai due olandesi di cui sopra e avrà la risposta adeguata. Nell’attesa sarà un pomeriggio da godersi tutto, i brasiliani d’Europa contro gli olandesi del sudamerica. Sono gli scherzi belli del football. C’è di peggio, basta ripensare a noi altri.

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