nostro inviato ad Asti
Il netto tra delitto e castigo sono nove anni di galera. Anzi meno, tra sconti, indulti, permessi vari e semilibertà confezionati come cadeau. L'ennesimo regalo a Omar Favaro, l'assassino di Novi Ligure - lui che con la sua fidanzatina massacrò madre e fratellino di lei con cento coltellate - gliel'ha consegnato un magistrato di sorveglianza. Condannato a quattordici anni, cinque abbonati grazie alle larghe maglie del nostrano «diritto», il galeotto neo giardiniere della serra comunale, da ieri è un uomo libero. Avrebbe dovuto uscire il prossimo 17 aprile, il giudice lo ha graziato di un altro mese e mezzo. Aggiungendo un fiocchetto al dono: 5 giorni di «vacanza» anticipati.
Il carcere di Asti è un bunker grigio come la periferia di questa città ai bordi delle Langhe dove l'afrore del tartufo e i profumi dei vitigni sembrano perdersi d'improvviso. Spunta come una casamatta tra i campi colorati solo dalla ruggine dell'inverno. Da tempo Omar invocava questo giorno: aveva 17 anni quando con le manette ai polsi varcò le porte della galera, ora ne è uscito. Ancora una volta con i fotografi ad aspettarlo, ma a differenza di quel 2001 quando ci arrivò con la faccia dell'omicida imberbe, adesso con i carabinieri a proteggerlo. Come si fa coi Vip. Eh già. Il ragazzotto, dopo le apparizioni delle settimane scorse, aveva chiesto di «stare tranquillo». Accontentato. Concessi cinque giorni di permesso premio a partire dalla serata di giovedì scorso, lunedì, così come avevano chiesto i suoi legali Lorenzo Repetti e Vittorio Gatti, si è visto anticipare il fine pena.
Restava da espletare soltanto la noiosa incombenza di presentarsi in carcere per firmare i documenti. Lo ha fatto da fuggiasco, il buon Omar, riuscendo a scomparire come un fantasma. Ci fosse riuscito la sera di quel 21 febbraio di nove anni fa, quando ammazzò Susi Cassini e il piccolo Gianluca, rispettivamente madre e fratellino di Erika, sarebbe stata la sua salvezza. C'è chi giura di averlo scorto ieri mattina mentre entrava in penitenziario accovacciato dentro un'auto «civetta» poco prima delle 11, nessuno però lo ha visto uscire. Si sussurra che le guardie di scorta lo abbiano nascosto nel portabagagli di un'auto per evitargli l'imbarazzo di flash e telecamere. «È frastornato, ha paura del clamore attorno a lui», provano a giustificarlo i suoi avvocati. L'ultima difesa, dopo i successi nelle aule. Lui è sparito, parlano i suoi legali. E raccontano di come il loro assistito non voglia più avere contatti con Erika né tantomeno pensi di mandarle dei messaggi: «Di lei non parla più da un pezzo». Lo ha ripetuto nelle scorse settimane anche ai giornali: «Fa parte del mio passato, si perde nel buio». Omar da detenuto ha imparato a fare il giardiniere, da gennaio lavora in una serra del comune di Asti. In prigione ha conseguito pure un brevetto da tecnico di computer. Alla domanda su quali siano i progetti per il futuro, rispondono ancora gli avvocati: «Ripete sempre di voler avere un lavoro con una vita normale, con ragazzi normali». Fino a dicembre comunque ha un contratto valido con la cooperativa che lo ha assunto.
Raccontava di volersi tuffare nel mare Omar Favaro, dopo nove anni di galera. Di non desiderare altro. Ieri ad Asti pioveva e faceva freddo. E nessuno è riuscito a scovarlo. Nell'elegante appartamento di via Dante, in centro, dove la famiglia si è trasferita da qualche anno per stargli vicino, ieri citofono e campanello sono restati senza risposta. Ma c'è chi è certo che il ragazzo fosse proprio lì. Non a farsi un bagno fuori stagione. Ma prigioniero adesso, paradossalmente, della libertà.
Quella che invece attende spasmodicamente la «sua» Erika, ancora dietro le sbarre vicino a Brescia, dove è diventata dottoressa in lettera studiando in cella. Uscirà a ventisette, ne aveva 16 quando si trasformò in carnefice.
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