Oncologia, lo Ieo diventa più grande. Oggi la benedizione di Tettamanzi

Il cardinale ha visitato per la prima volta il centro di cura fondato quindici anni fa da Umberto Veronesi. Fra qualche settimana l'ospedale avrà un nuovo padiglione con 5 sale chirurgiche e 50 studi medici

L'Istituto europeo di oncologia si espande. Conquista cinque nuove sale chirurgiche, spazi confortevoli per il day hospital di chemioterapia e radioterapia, apparecchi sofisticati per la cura e la diagnosi dei tumori e una cinquantina di studi medici. Questa mattina, in occasione della XVIII giornata mondiale del malato, è stato il cardinal Dionigi Tettamanzi, alla sua prima visita all'ospedale oncologico, a benedire il nuovo padiglione, detto Ieo 2, in funzione fra poche settimane. "Qui ci sono strumenti capaci di diagnosticare i tumori al seno in una fase talmente precoce che si potrà curarli senza ricoverare le pazienti - ha spiegato Umberto Veronesi - Questo è un successo per la medicina e un vantaggio per la sanità che spenderà meno soldi".
Veronesi ha ricordato com'è nato quindici anni fa l'istituto di ricerca: "Grazie alla lungimiranza di Enrico Cuccia che assecondò l'idea innovativa di creare un istituto di ricerca di respiro mondiale. La nostra è una ricerca "transazionale", significa che i risultati sono messi in pratica quasi subito. I dipendenti dello Ieo arrivano da 22 Paesi". Il centro di Opera, dal 1994 ad oggi, ha curato 500mila persone, soltanto nel 2009 sono stati fatti 12mila interventi chirurgici e 131mila visite ambulatoriali. "Grazie alla chirurgia conservativa abbiamo cercato di migliorare la qualità della vita dei malati operati, siamo stati fra i primi a ridurre gli effetti collaterali della radioterapia e stiamo cercando di limitare quelli provocati dalla chemioterapia" ha aggiunto il direttore dello Ieo.
Il cardinale ha benedetto le strutture "e soprattutto le persone che ne potranno usufruire". Tettamanzi ha incontrato medici e malati, ha citato la parabola del Buon Samaritano come modello da imitare nel compatire chi soffre. "È duplice la sfida presentata da questa voce così antica e così attuale: la prima riguarda scienza, ricerca, economia e professionalità. Dobbiamo essere grati a chi coltiva queste realtà perchè la salute dipende non poco da tutto questo impegno. La seconda sfida, solo in apparenza più modesta, è quella alla nostra umanità e consiste nel riuscire a vedere l'altro non solo con gli occhi ma anche con il cuore". L'arcivescovo ha poi tradotto la parabola: "La strada che porta da Gerusalemme a Gerico è come la nostra vita: comporta serenità e successi ma anche delusioni e malattie.

I briganti sono gli ostacoli al nostro benessere, fra i passanti c'è chi vede il male del compagno di viaggio e passa oltre. Ma le situazioni di emergenza vanno viste con il cuore. La carezza che possiamo dare a chi soffre è la carezza di Dio".

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