È stato sfiorato dalla tragedia. Ha visto da vicino uno degli eventi più tragici della storia repubblicana. Ma è sopravvissuto, e oggi può parlarne. Per questo Onofrio Trovati di Premenugo di Settala (Mi), che quel 12 dicembre 1969 si trovava alla Banca dellAgricoltura di piazza Fontana, si ritiene un miracolato. Lo avevano dato per morto, ma lui era lì ad aiutare feriti e mutilati mentre nella città impazzita si susseguivano sirene di ambulanze, polizia e vigili del fuoco.
Ma partiamo dallinizio, facendo un salto indietro di 40 anni, in unItalia con la tivù in bianco e nero, le auto della questura color verde oliva e uneconomia in buona parte ancora agricola. «Noi coltivatori diretti - spiega il signor Onofrio, 78 anni portati con baldanza - eravamo soliti trovarci ogni venerdì pomeriggio alla Banca dellAgricoltura di piazza Fontana, accanto al Consorzio agricolo allora in via Santa Tecla, per concludere acquisti e vendite». I coltivatori portavano i campioni di granaglie, trattavano i quantitativi, discutevano i prezzi e poi, sempre in quella Italia che non cè più, bastava una stretta di mano tagliata dal mediatore per sancire un contratto che nessuno avrebbe disatteso. «Ci conoscevamo tutti - continua il signor Onofrio - come con il Rossi, il Bellaviti, il Redaelli di Segrate
Di solito si trattava attorno al grande tavolo allinterno della banca, ma quel giorno il clima era buono e molti di noi erano allesterno». Parlando e discutendo si va un po dentro e un po fuori dallistituto di credito, un saluto, una battuta, uno scambio di informazioni, una trattativa. Poi il Trovati entra di nuovo in banca, insieme allamico Gianni. Mentre questultimo si ferma a parlare accanto al grande tavolo, Trovati esce nuovamente. E non appena varca la soglia succede il finimondo. «Assicuro che ho visto con i miei occhi il palazzo della banca tremare, poi un boato spaventoso e mi sono sentito barcollare. Dalle porte e dalle finestre della banca è uscito di tutto: vetri, suppellettili, calcinacci, fogli di carta, resti umani
». Infine un grande silenzio. Superati i lunghi attimi di sbigottimento, quando tuttattorno cominciano ad arrivare i gemiti dei feriti, Onofrio si rende conto che non si tratta di un incubo ma della realtà. Entra nella banca e quello che gli appare è raccapricciante. «Ho visto cadaveri, brandelli di carne insanguinata, braccia e gambe disseminate qua e là. Una gamba è stata addirittura trovata nel ristorante che confinava con listituto bancario. Al Gianni era andata bene, perché lo spostamento daria l'aveva buttato fuori dalla vetrata e se lè cavata soltanto con un qualche ferita». Fra polvere di calcinacci, urla, pianti e richieste di aiuto, la confusione è generale. Ma Onofrio non si perde danimo e comincia a soccorrere i sette od otto feriti più gravi aiutandoli ad uscire da quellinferno. Ululano le prime ambulanze, i vigili urbani fermano il traffico, arriva la polizia. Qualcuno osserva il buco al centro della stanza e si fanno le prime ipotesi. Fra queste, lesplosione di una caldaia. Il pensiero di una bomba è ancora lontano. Il tempo passa velocemente e alle 19 Onofrio Trovati è sempre lì, ad aiutare nei soccorsi, scordandosi di avvertire casa con una telefonata, dove la moglie e un figlio di cinque mesi lo stanno aspettando. Così quando la televisione divulga la ferale notizia, la nipote Maria Teresa che lo sapeva alla banca si fa prendere dallangoscia. Non ha però il coraggio di informare la zia e chiama la Questura di Milano chiedendo se tale Onofrio Trovati risulti per caso fra i deceduti alla Banca dellAgricoltura. Vuoi per i momenti concitati, vuoi perché anche in Questura sono ormai nel totale pallone, gli rispondono di sì: è morto nellesplosione. Ma le ansie nella cascina di Premenugo durano fortunatamente poco, perché alle 20, sporco di polvere e di sangue oltre che distrutto dalla stanchezza, Onofrio è sulla porta di casa a raccontare lincredibile incubo di cui è stato protagonista e testimone.
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