È una storia dolorosa, una pagina senza gloria quella della liberazione dell'isola d'Elba, 80 anni fa. Nome in codice: Operazione Brassard. Militarmente importante nel quadro della campagna d'Italia del '44, non decisiva per le sorti della guerra, iniziò il 17 giugno. Tre giorni di battaglia e poi due di barbarie: una scia di sangue sui litorali dorati dell'isola e di lutti fra i civili. Il lato oscuro dell'epopea bellica e resistenziale. Si parla di stupri e razzie. «Porcate» le chiama Mario Tacchella, che aveva 12 anni. Barbarie di cui anche la parte giusta si macchiò. Inutilmente.
Strategicamente l'operazione non era dettata da esigenze indefettibili ma i francesi di stanza in Corsica la volevano, ansiosi di sedere al tavolo dei vincitori. Orchestrata per ragioni eminentemente politiche. Così la inquadra Gianfranco Vanagolli, storico e autore di Cronache elbane il quale ha dedicato un decennio di studi alle vicende di questo periodo. «Il suo esercito era stato sgominato dai nazisti e la Francia cercava credenziali da protagonista». La ratio militare? «Dopo Cassino e il crollo della linea Gustav fu concepita in primo luogo come prova generale dello sbarco in Provenza, poi come sostegno all'avanzata dalla quinta armata sulla costa». «Il momento era delicato. Gli alleati avanzavano ma con fatica, i tedeschi si ritiravano combattendo. L'operazione fu condotta da ufficiali francesi, sottufficiali corsi e soldati francesi e coloniali. Provenienti da Senegal, Marocco, Algeria, e da altre entità coloniali. E i tedeschi, che avevano pensato di abbandonare l'Elba, ci ripensarono».
Ecco la battaglia. È il 17 giugno. Gli isolani sfollati in Corsica hanno fornito informazioni. Oltre che della nona divisione di fanteria coloniale, i francesi dispongono di due battaglioni speciali: un «bataillon de choc» e un commando d'Afrique. Truppe preparate per sabotaggi e guerriglia. Forze considerevoli: 12mila soldati. All'Elba si difendono due battaglioni tedeschi e uno di coscritti della Rsi: 3mila uomini. Ma la disparità fondamentale è aerea. Gli Alleati sbarcano a più riprese. «Il contingente occupante non riceve rifornimenti - spiega Vanagolli - mentre i francesi hanno un flusso ininterrotto dalla Corsica». La prima azione e gli sbarchi minori si concentrano sulle difese da ammorbidire, all'Enfola e negli altri punti strategici, ai Ripalti e a Lacona. I commando neutralizzano un complesso di batterie all'Enfola.
Lo sbarco principale è a Campo. L'attacco ora è frontale ma la risposta è durissima. La prima ondata subisce perdite elevate e fallisce. «Alla Foce - è il ricordo di Tacchella - le mine esplodevano come colpite dalla grandine. Noi stavamo sugli alberi, ricordo un cane con una scarpa insanguinata in bocca». Chi non salta sulle mine è sotto il tiro nemico. Uomini usati come carne da cannone.
Si passa al «piano B», che si focalizza su Fonza e dintorni. Marina di Campo viene liberata, la spiaggia invece è difesa a lungo. Ma gli Alleati cominciano a entrare. Nel pomeriggio i primi mezzi sfondano verso Procchio. La nuova linea di difesa è tenace e impegna il secondo giorno. Per superarla servono carri e lanciafiamme. Ma con la presa di Portoferraio e la corsa verso Porto Longone e il Riese, le sorti del confronto sono decise. I tedeschi arretrano ancora, si ritirano e il 19 cominciano l'evacuazione da Cavo. Arrivano le vedette a prelevare i soldati. Fugge anche il generale Franz Gall, decorato e promosso. Alla fine i francesi perdono un migliaio di uomini. I tedeschi altrettanti. Gli stessi alleati parlano di perdite eccessive e di una eccessiva durata.
L'isola è prostrata. Almeno 60 i morti civili. E si apre la pagina delle violenze dei coloniali. Gravi. Mentre nei paesi suonano le campane per la battaglia finita. Spiega Vanagolli: «Furti, maltrattamenti, violenze su donne. Sul numero ci sono stime molto divergenti, da 20 a 200, di tutte le età. L'entità degli episodi è incerta, nessuno ne parlava se non aveva bisogno di cure. Alcune ebbero figli».
«Dov'è madama?» Tacchella ha in testa queste parole. Al di là dei ricordi, una storia ingloriosa.
«Si è molto fantasticato sull'uso di droghe, o su un via libera degli ufficiali francesi - spiega Vanagolli - ma io lo escludo, più plausibile che non controllassero i goumier e i soldati presi dalle colonie che tendevano a riconoscere più le gerarchie tribali, e concepivano una vittoria che si concretizzava anche nello stupro». Donne e civili come bottino di guerra. «Fecero quello che volevano, per un po'. I comandi, informati, non intervennero certo in modo puntuale. E da molte realtà dell'isola la Liberazione non fu mai davvero sentita».
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