Le previsioni per il futuro prossimo non sono rosee. Si stima, infatti, che in Occidente, tra gli individui di età superiore agli 85 anni, uno su tre soffrirà di demenza. Con questo termine medico si indicano un gruppo di patologie neurodegenerative del cervello che comportano una diminuzione irreversibile delle facoltà intellettive. Solitamente il paziente presenta due o più funzioni vitali compromesse. Tra queste figurano la memoria, il linguaggio, il ragionamento, il giudizio, la percezione e il controllo emotivo.
Cause e sintomi della demenza
Esistono molte forme di demenza, tra le più diffuse rientrano il morbo di Alzheimer, la malattia di Huntington, la demenza con corpi di Lewy, frontotemporale e vascolare. Considerata anche questa varietà, attualmente l'eziologia del disturbo non è ancora stata stabilita in maniera chiara. Tuttavia si è giunti alla conclusione che il fenomeno è sempre l'esito di due eventi: la morte delle cellule nervose cerebrali e un malfunzionamento nella comunicazione intercellulare.
Non devono però essere sottovalutati i fattori di rischio suddivisi in modificabili e non modificabili. Dei primi fanno parte il fumo di sigaretta, l'ipercolesterolemia, il diabete, l'abuso di alcol, l'aterosclerosi e i livelli elevati di omocisteina nel sangue. Sono, invece, fattori di rischio non modificabili l'età avanzata, la familiarità con la problematica, il declino cognitivo lieve e la sindrome di Down.
I sintomi variano a seconda della tipologia della demenza e del suo stadio. Sono però manifestazioni ricorrenti: i problemi di memoria, la concentrazione ridotta, la confusione mentale, i cambiamenti della personalità e/o del comportamento. Ancora la perdita della capacità di svolgere le azioni della vita quotidiana, il ritiro sociale, l'apatia e la depressione.
La demenza e i flavonoidi
Durante il 43° Congresso nazionale della Società italiana di nutrizione umana si è focalizzata l'attenzione su uno dei più importanti fattori di rischio modificabili della demenza: la dieta. In particolare Alberto Ascherio, professore di Epidemiologia e Nutrizione alla Harvard T. H. Chan School of Public Health ha puntato i riflettori sui benefici apportati da un'alimentazione ricca di flavonoidi.
Di recente gli scienziati della Columbia e del Brigham and Women's Hospital (Harvard) hanno scoperto che una dieta a basso contenuto di flavonoidi è associata alla perdita della memoria legata all'età. Ne abbiamo parlato in questo articolo. Ma cosa sono queste sostanze? Si tratta di una vasta classe di composti fenolici tra cui figurano i flavoni, i flavonoli, gli isoflavoni e le antocianine.
I flavonoidi, secondo Ascherio, hanno mostrato in studi in vitro e in modelli animali effetti antiossidanti e neuroprotettivi. Inoltre essi sembrano ridurre i livelli di proteine associate al morbo di Alzheimer. Per farne il pieno basta portare a tavola ogni giorno frutta (mele, uva rossa, pesche, pere, mirtilli, banane, agrumi, fragole, more, ribes nero, lamponi), verdura (pomodori, cipolla, lattuga, sedano, prezzemolo, peperoni rossi), legumi, cacao e in minima quantità il vino rosso.
La demenza e lo stile di vita
Abbiamo visto che la salute (del cervello) vien mangiando. Sono due i regimi alimentari che prevengono l'insorgenza del declino cognitivo: la dieta mediterranea e la dieta Mind (Mediterranean Dash Intervention for Neurodegenerative Delay). Quest'ultima si differenzia perché considera in maniera specifica alcuni cibi, ad esempio verdure e frutti di bosco, per definirne l'aderenza.
Entrambe le diete prevedono il consumo di pesce (gli omega 3 preservano il benessere cerebrale), cereali integrali, legumi, noci, olio d'oliva. Sono invece banditi o quasi tutti quegli alimenti che provocano uno stato infiammatorio prolungato come le carni processate e i cibi pronti che spesso sono un concentrato di sale, zucchero e grassi.
Ma l'alimentazione da sola non basta. Ad essa va affiancato uno stile di vita sano. Si consiglia, dunque, di non fumare, di praticare una regolare attività fisica, di prevenire l'obesità e di controllare l'ipertensione e l'ipercolesterolemia.
Fondamentale, infine, l'allentamento mentale quotidiano e il contatto sociale con il prossimo. La solitudine, oltre che al cervello, fa male anche al cuore. Ne abbiamo parlato in questo articolo.Leggi anche:
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