Denunciò il pizzo e fu costretto a chiudere: lo Stato gli chiede 12 mila euro

Per anni ha aiutato lo Stato a combattere la mafia e per questo fu anche costretto a chiudere la sua azienda. Oggi lo Stato gli chiede 12 mila euro. É la storia di Ignazio Cutrò

Denunciò il pizzo e fu costretto a chiudere: lo Stato gli chiede 12 mila euro

Tanti anni fa decise con coraggio di denunciare i suoi estorsori e dire basta al pizzo. Da quel giorno è diventato un testimone di giustizia e ha aiutato lo Stato a combattere la mafia. Tanto che è stato sottoposto, assieme alla famiglia, ad un programma speciale di protezione. Oggi però lo Stato lo ringrazia chiedendogli con una cartella esattoriale 12 mila euro.

"La invitiamo a effettuare il pagamento entro 5 giorni dalla notifica di questo avviso. Trascorso inutilmente questo termine, procederemo, come previsto dalla legge, a esecuzione forzata". É quanto si legge nell'avviso di pagamento di cinque cartelle esattoriali, per un importo complessivo di 11.652,20 euro di Riscossione Sicilia, la società che gestisce la riscossione dei tributi nell'Isola, notificato in mattinata all'ex testimone di giustizia Ignazio Cutrò.

Non è la prima volta che lo Stato presenta il conto per i debiti accumulati a Cutrò che nel 2004, a causa delle difficoltà economiche sorte dopo le denunce contro i suoi estorsori, ha dovuto chiudere la sua azienda. Grazie alle sue testimonianze, viene avviata l'operazione "Face off", che porta all'arresto dei fratelli Luigi, Marcello e Maurizio Panepinto. E che nel gennaio 2011 porta ad un totale di 66 anni e mezzo di carcere. Lo scorso marzo un'altra cartella esattoriale da 39mila euro era stata recapitata, ma venne temporaneamente congelata. A poco meno di un anno, però, arriva un nuovo colpo per l'ex imprenditore di Bivona. "Non ho questa disponibilità economica - dice Cutrò -, per me e la mia famiglia questa è stata l'ennesima umiliazione di uno Stato che, anziché proteggerci, ci ha abbandonato e ferito. Se questo è il trattamento che viene riservato a chi denuncia la mafia, noi rinunciamo volentieri a essere cittadini di questo Stato".

In passato, rassicurazioni erano giunte in casa Cutrò sul blocco delle cartelle esattoriali evase, ma a oggi "gli impegni assunti da Regione e ministero dell'Interno non sono stati ancora mantenuti". Entro mercoledì prossimo Cutrò dovrebbe pagare l'importo richiesto. "Alla scadenza dei 5 giorni - dice l'ex testimone di giustizia - se chi dovrebbe tutelarmi continuerà ad agire nel silenzio, un corpo carbonizzato verrà recapitato dinanzi a uno dei palazzi di Roma o di Palermo e quel corpo sarà il mio".

"Sono stanco - aggiunge Cutrò - di continuare a lottare anche contro uno Stato assente e che io stesso ho difeso, mandando in galera i mafiosi. Venti anni del mio calvario, si trasformano in 5 giorni di tempo per pagare i debiti di una ditta costretta a chiudere per aver denunciato il racket. Se questo è il segnale di legalità che vuole trasmettere lo Stato allora non ha veramente capito niente".

L'ex testimone di giustizia si appella anche al governatore siciliano, Nello Musumeci, che da ex presidente della commissione antimafia regionale aveva più volte espresso vicinanza e sostegno all'imprenditore bivonese. "Presidente - conclude Cutrò - la Regione può bloccare quelle cartelle e lei, fino a prova contraria, ne è il presidente".

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