Ancora una volta i medici finiscono sotto il mirino degli aggressori che, di fronte ad alcune situazioni attinenti la salute di un proprio familiare, perdono le staffe. Ad essere vittima dell’ennesimo caso di violenza tra le mura di una struttura sanitaria una dottoressa, E.C., le iniziali del suo nome. Con lei anche il padre, intervenuto per difenderla. Siamo a Palermo e, precisamente a Polizzi Generosa. Il fatto è avvenuto qualche giorno fa nel presidio della guardia medica dove la dottoressa si è sempre recata a svolgere il suo turno di lavoro accompagnata dal padre, come sempre. L’uomo, come d’abitudine, ha accompagnato la figlia al lavoro rimanendo con lei per tutelarla da eventuali aggressori. Un gesto di routine visti i precedenti casi di violenza che si sono registrati in tutto il territorio regionale, negli ultimi anni, a danno dei medici di turno nelle guardie mediche.
Quell’episodio, da sempre scongiurato è arrivato la notte del 26 febbraio scorso. Ricostruiamo quanto successo. L’aggressore aveva chiamato al telefono dell’ambulatorio la dottoressa chiedendo una visita domiciliare per la moglie che lamentava brividi di freddo ma senza febbre. Insomma, i classici sintomi influenzali. Le sensazioni di malessere raccontate al telefono dall’uomo non destavano una preoccupazione tale da far lasciare vuoto il presidio da parte della dottoressa. Quest’ultima quindi ha avviato il triage telefonico previsto dal ministero della Salute per una diagnosi che scongiurasse la presenza di un eventuale contagio da coronavirus. Questo non è bastato al marito della paziente che è passato subito alle minacce pur di convincere la dottoressa a recarsi nella sua abitazione per verificare di presenza cosa avesse la moglie.
“Purtroppo – racconta E.C. -in certi soggetti la paura di un contagio da coronavirus può scatenare effetti devastanti sulla lucidità mentale. Nonostante le aggressioni verbali, per calmarlo l'ho invitato a venire in ambulatorio con la moglie. È arrivato da solo dopo pochi minuti urlando e visibilmente aggressivo. È intervenuto mio padre per smorzare i toni, ma tra pugni sulla scrivania e spintoni è caduto pesantemente a terra rompendosi due costole. In quei pochi secondi, d'istinto sono scappata fuori chiedendo aiuto. La gente del posto è arrivata fortunatamente subito. Nel frattempo ho chiamato il 112 e l'uomo è scappato”.
L’episodio ha innescato nella vittima non solo paura, ma anche rammarico per le precarie condizioni di sicurezza in cui lei, come tutti gli altri colleghi sono costretti a lavorare. Da qui la decisione di dare le dimissioni. “Dall'aggressione-dice la vittima-ho interrotto i miei turni, mi hanno sostituita i colleghi. Non rientrerò, ho troppa paura, tra l'altro viste le condizioni, mio padre non potrà accompagnarmi. Ieri ho chiesto all'Asp di essere assegnata ad un altro presidio, ma non ci sono disponibilità, perciò mi sono dimessa”.
Anche la dottoressa chiede, come già accaduto in passato da altri colleghi, una maggiore sicurezza sul luogo di lavoro: “Le guardie mediche sono uno strumento prezioso al servizio di tutti, ma hanno urgentemente bisogno di essere riorganizzate dalle istituzioni. Basterebbe una guardia giurata per garantire la nostra sicurezza o l'accorpamento di più presidi perché ci siano diversi colleghi nello stesso luogo di lavoro. Sarebbe più difficile per un paziente o un familiare violento tentare un'aggressione”.
In merito a quanto accaduto è intervenuto il presidente dell’Ordine dei medici di Palermo, Toti Amato, il quale ha annunciato di costituirsi parte offesa e parte civile nel processo mettendo a disposizione l'assistenza legale alla dottoressa e ogni altro strumento necessario.
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