Risarcito per ingiusta detenzione: "Ho un piede nella fossa. Che faccio coi soldi?"

L'ex numero due del Sisde è stato liquidato con 667 mila euro per ingiusta detenzione. Era andato ai domiciliari durante il processo, dopo essere rimasto per 31 mesi in carcere

Risarcito per ingiusta detenzione: "Ho un piede nella fossa. Che faccio coi soldi?"

Nonostante la sentenza di condanna a 10 anni per mafia di Bruno Contrada, era stata adottata legittimamente, non poteva essere "eseguita" e quindi la detenzione dell'ex dirigente di polizia in pensione è stata comunque ritenuta ingiusta.

L'ex alto funzionario - risarcito con 667 mila euro - era andato agli arresti domiciliari durante il processo, dopo essere rimasto per 31 mesi in carcere. La sua prima condanna risale al giorno di venerdì santo del 1996, il 5 aprile di 24 anni fa. La sentenza divenne definitiva nel maggio del 2007. In detenzione domiciliare Contrada aveva espiato la pena quasi per intero: era accusato di essere stato vicino agli ambienti mafiosi dalla metà degli anni '70 fino al 1992, quando il reato di concorso esterno non era stato chiarito dalla giurisprudenza, cosa che avvenne nel 1994 con la cosiddetta sentenza Demitry. Fino a quel momento non era cioè "prevedibile" cosa sarebbe stato punito dallo Stato sotto il paradigma del concorso in associazione mafiosa: da qui la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo, recepita dalla Cassazione e che oggi ha portato alla decisione della seconda sezione della Corte d'Appello di Palermo, presieduta da Fabio Marino, in favore di un ex imputato che fu arrestato il 24 dicembre 1992, all'età di 61 anni, e che il 2 settembre ne compirà 89.

Nel 2015 la Corte europea dei diritti dell'uomo aveva emesso una sentenza secondo cui Contrada non doveva essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Corte c'era stata dunque una "violazione dell'articolo 7 della Convenzione". Contrada venne arrestato e poi condannato definitivamente a dieci anni di carcere. Nel 2017 la Corte di Cassazione aveva revocato la condanna a 10 anni inflitta all'ex numero due del Sisde. I giudici romani avevano accolto il ricorso del legale di Contrada, Stefano Giordano, che aveva impugnato il provvedimento con cui la Corte d'appello di Palermo aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta di incidente di esecuzione. La Cassazione ha così dichiarato "ineseguibile e improduttiva di effetti penali la sentenza di condanna".

La vicenda non sembra chiusa

La difesa di Bruno Contrada potrebbe impugnare la decisione della Corte d'appello di Palermo, per ottenere una somma superiore rispetto ai 667 mila euro liquidati oggi. "Riteniamo - ha detto l'avvocato Stefano Giordano - che la pronuncia dei giudici siciliani sia perfettamente in linea con la decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo e ne dia la giusta esecuzione: al di là del quantum liquidato, la Corte d'appello, con un provvedimento libero e coraggioso - ha aggiunto il difensore dell'ex 007 - ha statuito che Bruno Contrada non andava nè processato nè tanto meno condannato e che dunque non avrebbe dovuto scontare neppure un solo giorno di detenzione". Giordano rileva che sono state in questo modo "disattese le obiezioni della procura generale e dell'Avvocatura dello Stato", che ora però potrebbero ricorrere in Cassazione. Prospettiva che non allarma il penalista, che ha assistito Contrada dal ricorso alla Corte europea in poi: "Ci riserviamo di esaminare attentamente il provvedimento - aggiunge infatti Giordano - per valutare eventuali spazi per l'impugnazione in Cassazione".

Le parole di Bruno Contrada

"Ci sono danni che non si possono ripagare con i soldi, sono danni irreparabili. Ed è quello che ho subito io. Non solo io. Ma anche la polizia, i Servizi di sicurezza. Tutti noi abbiamo subito danni, chi economici, chi morali. Poi, a 88 anni e mezzo cosa me ne devo fare dei soldi? Io ho già la valigia pronta per andarmene, ho un piede nella fossa...". Ha detto all'Adnkronos, Bruno Contrada, dopo avere appreso della liquidazione del risarcimento per ingiusta detenzione.

"Pure le istituzioni hanno subito danni da questa vicenda - dice Contrada, che vive da solo - Vede come soffrono le persone a stare in casa per il Coronavirus e io queste

restrizioni le ho subito per otto anni. Ho subito tutto questo in età avanzata al termine della mia carriera. Mia moglie nel frattempo è morta di crepacuore, mio figlio si è ammalato, subito dopo il mio arresto, a venti anni".

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