A Parigi la retrospettiva di Enrico Castellani

Alla galleria Tornabuoni una grande mostra dello spazialista italiano a cura di Bernard Blistene

Parigi dedica un'ampia retrospettiva all'artista veneto Enrico Castellani. Una cinquantina dei suoi lavori, da quelli storici fino a quelli più recenti, tra cui un «Dittico rosso» del 1963 e alcune delle sue «Superfici bianche», sono esposti fino al prossimo 17 dicembre alla Galleria Tornabuoni Arte. «Non conosco l'uomo, ma sono impressionato dal suo rigore e dalla sua discrezione - dice il curatore della mostra, Bernard Blistene, direttore dello Sviluppo culturale del Centro Pompidou, che ha curato anche il catalogo - trovo che il lavoro di Castellani sia un contrasto molto significativo rispetto alla situazione di molti artisti di oggi, appartiene a una generazione che rifiutava il pragmatismo. La sua opera è utopica». E aggiunge: «Il suo apporto storico è fondamentale perché ha problematizzato in maniera rigorosa e metodica diverse questioni relative al concetto di quadro che hanno aperto strade straordinarie allo sviluppo dell'arte minimalista e concettuale e a tutti i movimenti anti-impressionisti degli anni '60 e '70». Secondo Blistene «uno degli aspetti più interessanti dell'esposizione è la giustapposizione di opere simili ma di due periodi differenti, a distanza di 15 anni per esempio: si notano grandi cambiamenti nel suo lavoro, la superficie delle prime opere è più regolare, sistematica mentre in seguito la griglia diventa più dinamica, c'é un lavoro anche in profondità. Così l'opera non è mai la ripetizione dell'identico». Noto per le sue tele monocromatiche a rilievo, Castellani, nato nel 1930 a Castelmassa in provincia di Rovigo, è la figura italiana che più viene associata alla corrente Zero, la quale, rinnovando il linguaggio dell'immagine e della forma, ha considerevolmente contribuito allo sviluppo delle avanguardie europee degli anni '50 e '60. Le sue opere sono esposte tra l'altro al Centro Pompidou di Parigi, al Museo d'Arte Contemporanea di Roma (Macro), e al MoMa di New York. Nel mercato dell'arte i suoi lavori sono tra i più ricercati tra quelli del Novecento, con quotazioni che hanno raggiunto il milione di euro. «La materialità della tela è il primo soggetto dell'opera di Castellani - continua Blistene - la superficie del quadro è modellata da una serie di elementi invisibili che ne alterano la planarità. Castellani ha lavorato sulla cosiddetta "extraflessibilita'" della tela, per cercare di fare dei quadri con non assomigliassero a dipinti». C'é il rifiuto della planarità del quadro e il riconoscimento delle proprietà del materiale: duttile, elastico, malleabile. Da qui le sperimentazioni che vanno dalla geometria all'invenzione di motivi, come una serie di chiodi posizionati dietro la tela o su una cornice di legno. C'e anche la tecnica della "ripetizione differente", la ripetizione accuratamente scelta dei pieni e dei vuoti data dalle ritmiche estroflessioni della tela per creare percorsi sempre nuovi. «I suoi quadri sono austeri e seducenti al contempo - osserva Blistene - Castellani è un artista che si pone domande su soggetti di estrema attualità: nel suo lavoro c'é la critica dell'espressionsmo, c'é la fenomenologia e la luce».

E conclude: «E' il tempo è il vero interesse di Castellani: il quadro cambia in base alla luce e diventa spazio, colore, volume, esperienza sensibile e percezione dello spettatore. Un Castellani alle 10 del mattino non è lo stesso alle 10 della sera».

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