Questa mattina, il contrammiraglio Giuseppe Aulicino, capo del Reparto III - Piani e operazioni del comando generale delle capitanerie di porto, è stato in audizione presso le Commissioni riunite Affari costituzionali e Trasporti che sta esaminando il decreto con la stretta alla navi Ong. L'analisi dell'alto ufficiale è stata piuttosto approfondita, distinguendo le varie rotte che interessano il nostro Paese. In questo modo emerge come i numeri percentuali portati fin qui siano stati sbagliati per difetto da parte delle Ong. Ma non solo, perché la guardia costiera ha anche contraddetto la narrazione delle organizzazioni non governative, mettendo in evidenza le criticità che vengono riscontrate in ambito operativo, che sono le stesse nel mirino del governo.
I numeri dei flussi di migranti
Il contrammiraglio, infatti, ha spiegato che il nostro Paese è interessato da due diversi flussi migratori che partono dalla Libia: "Uno dalla Tripolitania, che ha visto partire e arrivare in Italia oltre 33mila migranti, un numero invariato rispetto allo scorso anno, e uno dalla Cirenaica, dove si è registrato un nuovo importantissimo flusso che ha visto lo scorso anno far arrivare in Italia 20mila migranti". Come ha spiegato l'ufficiale di alto rango, le navi delle Ong lavorano esclusivamente su una rotta, quella che parte della Tripolitania, in particolar modo da Zuara. È davanti a queste coste che le navi delle Organizzazioni non governative si posizionano per attendere le carrette del mare cariche di migranti.
Le Ong, come ha riferito Giuseppe Aulicino, "hanno soccorso oltre 11mila persone, il 34% di quelle partite dalla Tripolitania". Sono numeri ben diversi, se così ripartiti, rispetto a quelli che finora le Ong e la sinistra hanno snocciolato per dimostrare che si tratta solo si una piccola fetta dei migranti che arrivano in Italia. Come mai le Ong non si occupano anche dell'altra rotta che parte dalla Libia? È quella, ha spiegato il contrammiraglio, a preoccupare di più le autorità italiane: "Si utilizzano grandi pescherecci di 20-25 metri in grado di navigare anche in condizioni meteo sfavorevoli portando fino a 700 migranti e noi dobbiamo intervenire con numerosi assetti a grandi distanze dalle coste più vicine".
Porto e sicurezza: i risultati del decreto Piantedosi
Il decreto firmato da Piantedosi, secondo l'analisi della Guardia costiera, è utile al contrasto dei flussi irregolari, nonostante i capricci delle Ong e della sinistra. "Introduce aspetti nuovi: le navi Ong hanno sempre lamentato il troppo tempo con cui le autorità italiane concedevano il porto di sbarco, anche dopo 10 giorni. Ora il Pos viene assegnato subito e questo incide positivamente sulla vita a bordo dei migranti, sapendo che saranno portati in un porto nazionale in tempi brevi", ha detto Aulicino. L'ufficiale ha poi sottolineato come questo decreto elimini alcune criticità di sicurezza presenti in precedenza: "Prima c'erano anche problemi di sicurezza con persone che dopo tanti giorni in mare andavano in escandescenze. Quindi per le navi Ong ci sono ora migliori capacità di far fronte alle loro incombenze".
Salvataggi multipli e disinteresse degli Stati di bandiera
E anche sul tema dei salvataggi multipli, Aulicino ha sottolineato: "Se mentre va al Pos indicato la nave incontra un'unità che ha bisogno di soccorso, il comandante deve intervenire e capita anche ai nostri assetti di intervenire per soccorrere più imbarcazioni". Quello che viene vietato è lo stazionamento davanti alle coste libiche, che è ben diverso. Inoltre, il contrammiraglio ha voluto anche sottolineare come l'Italia si sia sempre fatta carico delle operazioni di soccorso in mare: "L'Italia in tutti i casi in cui unità mercantili battenti bandiera italiana si sono trovate nelle condizioni di prestare soccorso a persone in pericolo fuori dalla regione Sar italiana, in mancanza di istruzioni di coordinamento provenienti di Maritime rescue coordination center competenti per area ha sempre esercitato la propria giurisdizione su esse".
Giuseppe Aulicino, in audizione presso le commissioni, ha poi spiegato che gli altri Paesi non sono ugualmente responsabili: "Per quanto concerne lo scenario del Mediterraneo centrale, analogo atteggiamento non è mai stato posto in essere da altri Stati, compresi quelli dell'Unione europea, con particolare riguardo ai casi in cui le navi intervenute fossero riconducibili a organizzazioni non governative". In parole povere, il contrammiraglio ha sottolineato il disinteresse dei Paesi di bandiera per le loro navi, soprattutto quelle delle Ong, facendo gravare l'intera responsabilità del coordinamento all'Italia, anche quando gli interventi non vengono effettuati in zona Sar italiana.
Ancora una volta, chi opera attivamente in quegli scenari, conferma le criticità evidenziate dal governo che, dal suo insediamento, chiede a gran voce che il diritto internazionale venga applicato anche per quel che riguarda le responsabilità degli Stati battenti bandiera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.