nostro inviato ad Assisi (Perugia)
Giornalisti? Per i compaesani di san Francesco dovrebbero seguire l'esempio del Poverello: battersi il petto, spogliarsi di tutto, chiudersi in un eremo e cambiare vita. «Se da un anno non vediamo un turista è per colpa dei giornali e delle tv», si lamenta la signora Anna Spadini nel negozio di souvenir di via Santa Agnese, poco lontano dalla basilica di Santa Chiara. Sempre a parlare di «terremoto del Centro Italia», di «sciame sismico in Umbria», di «paura in provincia di Perugia». Senza precisare che Assisi è a 80 chilometri dall'epicentro più vicino, Norcia. E che qui non c'è nulla da temere.
Così, tra i danni collaterali delle scosse dell'anno scorso va annoverato anche il crollo del turismo nella città di san Francesco. Una fuggi fuggi generale. Il ritornello corre di strada in strada per alberghi, bar, botteghe artigiane, negozietti di cineserie sacre. Il terremoto ha sepolto 300 persone, ha lasciato senza casa e senza beni migliaia di persone nel cratere al confine tra Umbria, Lazio, Abruzzo e Marche, ma ha tolto il sostentamento a chi vive di turismo.
«Ho perso metà del fatturato, se vuole le apro il libro dei corrispettivi», sospira Marco Zubboli. La sua libreria si affaccia su piazza del Comune, di fronte al Tempio di Minerva. È un locale storico di Assisi, aperto dal bisnonno nel 1870. All'interno si trovano ancora vetrinette e scaffali di legno di 147 anni fa carichi di oggetti di cartoleria artigianale. La passione è antica ma la rabbia è di oggi: «L'altro giorno mi ha chiamato il commercialista, aveva da chiudere il bilancio e i numeri sono brutti, voleva sapere che fare. Ragioniere, gli ho risposto, è così, faccia quello che deve».
Un albergatore poco lontano dalle mura medievali racconta che la notte del 24 agosto, quando Accumoli fu rasa al suolo, aveva in hotel un centinaio di persone: al mattino metà tagliarono la corda. «Il 20 settembre è arrivato il Papa per la giornata di preghiera per la pace. Sembrava che il peggio fosse passato». Ma il 30 ottobre la terra ha scaricato su Norcia lo scossone più forte (magnitudine 6,5). Ci vuole più di un'ora in auto dalla patria di san Francesco a quella di san Benedetto ma le disdette sono piovute: «Al ponte del 1° novembre su 106 prenotazioni per almeno tre notti sono arrivate 12 persone. E poi c'è stata la tragedia di Rigopiano. Un gruppo di 60 tedeschi aveva prenotato dal 22 al 31 marzo, sarebbero giunti in pullman con le bici al seguito per andare a pedalare nei dintorni dalla mattina alla sera. A metà febbraio arriva la chiamata: Siamo rimasti in 20, annulliamo tutto. Vagli a spiegare che l'hotel Rigopiano stava a 120 chilometri in linea d'aria da qui».
«Tutti parlavano di allarme in Umbria allarga le braccia la titolare di un negozio di ceramiche presso Porta Nuova -. È stato un terremoto mediatico peggio di quello del 1997. Allora non c'erano i telefonini e i tweet dell'Istituto di geofisica che rilanciano ogni minima scossa in provincia di Perugia. C'era meno comunicazione. Adesso giornali, tv, internet, tutti a diffondere allarmi senza dire che ad Assisi nel '97 i danni sono stati pochissimi, oltre ai crolli nella basilica superiore ripresi dalla tv, e che tutto è stato ricostruito con criteri antisismici». Giorgio Mencaroni, presidente regionale di Confcommercio e albergatore a Perugia, cita un recente servizio di SkyTg24: «C'era stata una scossa a Campotosto, che è in provincia dell'Aquila al confine con il Lazio, però hanno mostrato una cartina in cui si vedeva quasi soltanto l'Umbria».
I dati della Regione fotografano un crollo del turismo in tutta l'Umbria: nei primi cinque mesi del 2017, rispetto allo stesso periodo del 2016, meno 34 per cento di italiani in arrivo, meno 15 per cento di presenze straniere, un calo complessivo attorno al 27 per cento. E il conteggio sarebbe peggiore se si escludessero i senzatetto ospitati in albergo. Fuga dai musei cittadini: meno 35 per cento. Grandinata di cancellazioni in alberghi e appartamenti con punte superiori al 50 per cento. Quello di Assisi è un turismo che vive sulle prenotazioni anticipate: parrocchie, pellegrini, scolaresche, stranieri. «Per noi il turismo è l'unica fonte di reddito, non abbiamo industrie», protesta la titolare di un baracchino di oggetti religiosi di fronte alla basilica superiore. Gli fa eco il gestore di una piadineria di via Giotto: «Non c'è un calo di turisti, c'è la scomparsa. Siamo aperti da 10 anni e in agosto qui davanti a ogni ora avevamo talmente tanta gente da non riuscire a vedere l'altro lato della strada. Oggi va bene se chiudi in pari sperando di ripartire l'anno prossimo».
Assisi è un mondo a parte. Pulita, ordinata, senza un mozzicone per terra né un sacchetto di rifiuti abbandonato accanto ai cassonetti. Nella città del Poverello non s'incontra un mendicante. Sulle gronde sono appiccicati gli avvisi della derattizzazione di luglio e della profilassi di giugno contro la zanzara tigre con tanto di numero verde per le emergenze. Fratello Sole tiene lontana la pioggia. Ma la paura tiene alla larga i turisti. «Il terremoto l'hanno sentito anche a Roma forse più forte, ma nessuno si è sognato di cancellare viaggi, gite e congressi. La regione diceva che avrebbe concesso dei contributi spiega un albergatore del centro . Bisognava esibire i corrispettivi e dimostrare di aver subìto un calo di almeno il 40 per cento rispetto allo stesso periodo degli ultimi tre anni. Non se n'è fatto niente».
C'è chi si lamenta della concorrenza degli istituti religiosi, inevitabile in un posto come Assisi, e chi degli agriturismi che organizzano pranzi di nozze in catering invece che con i prodotti dell'orto. C'è chi svende a prezzi stracciati: menù turistico a 10 euro se vieni dalla Corea, 14 per gli altri. Ma il dito è sempre puntato contro le piaghe mediatiche. Il peggio è capitato sotto Natale, quando la Croce rossa preparò un video per raccogliere fondi per i terremotati di Amatrice non trovando di meglio che le immagini del crollo della basilica di san Francesco di vent'anni prima. «Li abbiamo denunciati dice Eugenio Guarducci, assessore tecnico al Turismo di Assisi (è l'ideatore di Eurochocolate di Perugia) ma 15 milioni di visualizzazioni su Youtube restano. E sono devastanti».
Tuttavia la rabbia più feroce è contro gli sciacalli toscani. «Ne hanno approfittato in modo vergognoso protesta Zubboli -. Cortona è molto più brutta di Assisi però ha il tutto esaurito». L'autista del furgone di una lavanderia industriale racconta la storia di un albergatore presso Castiglione del Lago, sul Trasimeno, lungo il tratto della statale 75 bis che segna il confine tra le due regioni: «Lui gestisce due strutture, al di qua della strada un hotel, in Umbria, al di là un residence, in Toscana. All'albergo non telefona nessuno, al residence non ci stanno dietro. Ovviamente lui prende le prenotazioni doppie e li riempie entrambi». L'assessore Guarducci dice che Assisi si era candidata a ospitare una rassegna di opere d'arte delle chiese terremotate della Valnerina: «Un gesto di solidarietà che univa i luoghi francescani a quelli di san Benedetto, ma ci dicono che non si può fare. Tempo dopo ci ritroviamo la mostra organizzata a Siena, come se l'Umbria e Assisi non fossero in grado di svolgere un ruolo di tutela e conservazione del patrimonio culturale».
Maledetti toscani. Non c'entra Curzio Malaparte quanto le agenzie di viaggio che soprattutto agli stranieri hanno proposto l'intatta regione di Matteo Renzi. «C'è della piaggeria politica - garantisce Marco Zubboli o forse qualche giro d'affari che non conosciamo. E comunque l'Umbria è sempre subalterna alla Toscana». In effetti la reazione della regione governata da Catiuscia Marini è stata blanda, due milioni di euro per una campagna promozionale stanziati a primavera inoltrata, quando ormai i tour operator avevano pianificato su Siena, Arezzo, Firenze. Mencaroni ritiene che l'intervento sia stato tardivo e che richiedesse più continuità. Scelte che però Guarducci difende: «Era giusto aspettare la fine degli eventi tellurici prima di fare investimenti che non avrebbero invertito una tendenza già segnata».
Gli operatori non chiedevano contributi a pioggia. «Il governo ha promesso 46 milioni per i danni indiretti alle imprese delle quattro regioni dice Mencaroni -. All'Umbria ne toccavano 8,8. Erano ammesse 36 attività economiche Ateco. In pratica, 8-10.000 euro ad azienda, più la burocrazia connessa.
Noi però avremmo preferito un aiuto a mantenere il personale. Meglio un taglio al cuneo fiscale, un'esenzione provvisoria sui contributi o una moratoria sui mutui piuttosto che un'elemosina. Non dateci nulla, ma aiutateci a difendere l'occupazione».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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