Pdl, Alemanno punta sul dialogo

Renata Polverini è riuscita a evitare di parlare dei problemi interni al Pdl, grazie anche agli impegni del “primo giorno” da presidente della Regione. Gianni Alemanno, al contrario, la “patata bollente” se l’è ritrovata in mano in maniera quasi naturale e, facendo buon viso a cattivo gioco, ha indossato subito i panni del mediatore tra Berlusconi e Fini. Non poteva essere altrimenti, visto che oltre a fare il sindaco di Roma, ha un ruolo di rilievo tra i dirigenti nazionali del Pdl. La missione che si è assunto non è per niente agevole, ma il suo obiettivo è quello di impegnarsi al massimo per ricucire la ferita che si è aperta nel Pdl e contribuire alla riconciliazione tra i due co-fondatori del partito. Preoccupato di far rientrare al più presto la crisi che rischia di dividere il partito, nel Lazio già in difficoltà per il caso della lista Pdl Roma esclusa dalla competizione elettorale che ha portato Renata Polverini alla guida della Regione Lazio, il sindaco ha indossato per tutta la giornata la veste di mediatore tra i due, senza però abbandonare i suoi impegni da primo cittadino.
Ieri mattina Alemanno ha incontrato Fini, ha sentito al telefono Berlusconi e il suo entourage e si è recato nel pomeriggio all’ufficio di presidenza del Pdl. Una giornata intensa, nella quale il sindaco ha cercato di tessere i fili del dialogo: «Come sempre ribadisco che il Pdl deve rimanere unito, rispettando i ruoli, quello di Berlusconi e quello di Fini. Quello che non solo auspico ma su cui cercherò di adoperarmi è fare in modo che ci sia un dialogo costruttivo per giungere a una soluzione dei problemi che sono stati posti al pranzo di giovedì», perché questo è «il primo obbligo della classe dirigente di tutto il Pdl. Farò di tutto perché si riapra il dialogo e il Pdl rimanga unito anche senza divisioni di carattere correntizio». Una dichiarazione rilasciata in mattinata e rafforzata nel pomeriggio: «La situazione è critica e va ricomposta, ma non accetto l’idea di una scissione nel Pdl». Secondo Alemanno «non ci sono ragioni vere e profonde per una scissione». Quello che gli sta a cuore è «rilanciare il progetto del Pdl in maniera equilibrata e superando i condizionamenti esterni perché, effettivamente, ci sono anche dei problemi del centrodestra che devono essere risolti».
Intanto nell’aula di Giulio Cesare, la maggior parte dei consiglieri comunali del Pdl (anche degli ex An) si schiera dalla parte del premier. Qualora la rottura diventasse definitiva, gli eletti in Campidoglio rifiuterebbero di seguire le scelte di Fini, che però può contare su qualche fedelissimo, come Fernando Aiuti, per esempio. Il noto immunologo prestato alla politica dice: «Sto con Fini assolutamente. Per il rapporto di stima che mi lega a lui dal 1995. E per la sua politica vicina alle mie ideologie e all’idea di una destra europea». Ma anche Pierluigi Fioretti, anche lui in quota ex An, è considerato vicino al presidente della Camera: «Sto con il Pdl - si barcamena - Ma nella mia vita sono sempre stato con Fini, quindi andrei con lui», in caso di rottura definitiva. Tra gli altri consiglieri comunali eletti tra le file del Pdl, l’adesione alla linea del presidente del Consiglio è pressoché totale. Tanto negli ex An, quanto (e forse più ovviamente) negli ex Forza Italia.

Fabrizio Santori, ex An, presidente della commissione sicurezza, tiene a sottolineare: «Non condivido la linea di Fini, perché credo che gli eletti debbano rispettare il programma e il mandato consegnato dagli elettori sulla base di quel programma». Poi aggiunge: «Vivo molto a contatto col territorio e so che gli elettori del Pdl non condividono la posizione di Fini, specie sull’immigrazione e sugli attacchi a Berlusconi».

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