Il Pentagono recita il mea culpa: «Ecco gli errori commessi in Irak»

Quando nel maggio del 2003 il generale Tommy Franks lasciò il comando dell’esercito Usa in Irak dopo aver deposto Saddam Hussein, era convinto che il grosso fosse ormai fatto. Cinque anni e migliaia di morti - civili e militari - dopo, sappiamo perfettamente che le cose non sono andate come aveva previsto.
È per questo che anche the Army, l’esercito statunitense, nonostante le centinaia di libri sull’argomento, ha voluto dire la propria opinione a riguardo con un volume di quasi 700 pagine: “On Point II: transition to the new campaign” (Punto due: transizione verso la nuova campagna), che, come ha anticipato il New York Times, sarà presentato oggi.
Settecento pagine controverse realizzate dagli storici dei marines per spiegare quali siano gli errori che l’esercito americano ha commesso nel gestire i 18 mesi successivi all’annuncio di «missione compiuta» che George W. Bush diede dalla portaerei Abraham Lincoln. «Il più grosso fu la mancanza di una road map per il dopoguerra - ha detto agli autori il colonnello Thomas Torrance, comandante della Terza divisione di fanteria corazzata -. Mi ricordo quando ne parlavamo durante la preparazione del conflitto e sviluppavamo il nostro piano. “Ok, siamo a Bagdad ora, cosa facciamo ora?”. A questa domanda, in nessuno dei nostri incontri, venne fuori una buona risposta».
Ma dalle oltre 200 interviste a militari ancora in servizio o in pensione realizzate dagli storici dell’esercito è emerso anche molto altro. Come, per esempio, l’impreparazione delle truppe. «Sì, ci eravamo addestrati duramente per quella guerra - ha commentato il tenente colonnello Troy Perry -. Il problema è che lo avevamo fatto per le problematiche sbagliate. Non eravamo assolutamente preparati per affrontare le sfide che stabilizzare l’Irak ci ha richiesto». Un’impreparazione dovuta all’assunto che ministeri e istituzioni avrebbero continuato a funzionare anche dopo la caduta di Saddam. Peccato che questo assunto fosse sbagliato.
«Ed essendo partiti da quello ci siamo mossi con un piano pessimo», la laconica dichiarazione del generale William Wallace. A complicare le cose, ci furono anche gli ordini che i marines diedero dopo il maggio del 2003, quando il partito Baath dell’ex rais fu smantellato assieme all’esercito, creando un gruppo di migliaia di sunniti scontenti, disoccupati e pronti a ribellarsi.


Insomma, secondo questo libro, che porta l’imprimatur di Fort Leavenwoth, l’accademia dove si è formato il generale David Petraeus, l’uomo del surge che sta finalmente dando dei buoni risultati in Irak, di errori ne sono stati commessi a bizzeffe. Ma si sa, una volta commessi, è inutile piangersi addosso: l’importante è imparare. E i risultati degli ultimi anni sembrano indicare che the Army è sulla strada giusta.

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