Le anime belle si consolino. La transizione in Egitto c’è già stata. Hosni Mubarak è fuori gioco già da sabato sera quando ha concesso la carica di vice presidente al capo dei servizi segreti Omar Suleiman e ha affidato la guida del governo all’ex capo dell’aviazione Ahmed Shafiq. Il Faraone ha così firmato un patto di dimissioni e rinunciato a trasferire i poteri al figlio Gamal. Quella mossa ha evitato al Paese un salto nel buio. Oggi Suleiman e i generali sono gli unici in grado di traghettare l’Egitto alle elezioni evitando pericolosi derive di tipo iracheno. E la prima mossa è cercare il dialogo con un messaggio del portavoce dell’esercito in tv: «Consideriamo legittime le proteste. E non useremo la forza». Ecco le dieci ottime ragioni per preferire Suleiman a El Baradei, per scegliere i militari anziché l’incognita della piazza e del fondamentalismo.
1) AFFIDABILE Omar Suleimanè stato il protagonista d’infinite trattative al fianco dei responsabili politici e militari di Stati Uniti, Israele, Medio Oriente ed Europa. È un uomo affidabile, con una reputazione comprovata da relazioni e rapporti stabili con le più importanti potenze internazionali.
2) OCCIDENTALI Generali e ufficiali sono cresciuti nelle scuole militari degli Stati Uniti e degli altri alleati occidentali, assorbendone principi e ideali. Non sono più gli interpreti di idee dittatoriali, autoritarie o illiberali e rappresentano il miglior antidoto al fondamentalismo. L’esercito controlla una struttura economica e industriale indipendente in grado di garantire i viveri di prima necessità. Dopo i disordini del 2008 l’esercito si assunse la responsabilità di produrre e distribuire pane.
3) DOLLARI Le forze armate egiziane obbediscono a Washington perché la loro gestione economica dipende dagli aiuti americani. Dal 2001 a oggi gli Stati Uniti hanno devoluto al Cairo 19 miliardi di dollari in aiuti militari e 5 miliardi di dollari per investimenti civili. Per riportarli alla ragione Washington deve solo chiudere il rubinetto.
4) AMBIGUO Il Premio Nobel per la pace Mohammed El Baradei è- dal punto di vista occidentale e israeliano assai meno affidabile del generale Suleiman. Durante le trattative con l’Iran è stato sospettato di omettere o ridimensionare la prove da cui risultava il tentativo della Repubblica Islamica di arrivare alla produzioni di armi atomiche. In una prospettiva di politica interna è un personaggio privo di carisma e di autonomia politica, un burocrate dell’Onu pronto a trasformarsi nella testa di legno dei Fratelli Musulmani.
5) ISLAMISTI Il periodo di transizione alle elezioni garantito da Suleiman e generali consente di valutare l’affidabilità democratica dei Fratelli Musulmani. Il loro credo basato sul pensiero del fondatore Hassan Al Banna e del pensatore Sayyd Al Qutb recita: «Il Corano è la nostra costituzione, il Profeta è il nostro leader, la guerra santa la nostra via, la morte per Allah la più alta delle nostre aspirazioni». La loro ideologia ha ispirato i principali movimenti integralisti moderni da Hamas ad Al Qaida, dai gruppi algerini alla Rivoluzione khomeinista. La loro voce più nota è quella di Yussuf Qaradawi, il controverso studioso e predicatore televisivo messo al bando da Usa e Regno Unito. Oggi secondo alcuni studiosi il loro pensiero si sarebbe aperto a democrazia e modernità. Una transizione sotto tutela militare è l’occasione migliore per capirlo.
6) INDISPENSABILI Sulei-maneisuoigeneralihan-nosalvatol’Egittodallapenetra-zionefondamentalista sconfig-gendoiterroristidellaJihadIsla-micaguidatidalmedicoegizia-noAymanAlZawahiri, diventatoilnumeroduediAlQaida. Og-gisonogliuniciapotertenersot-tocontrollo i FratelliMusulmani e i gruppi del terrore qaidista attivi nel Sinai.
7) SUEZ I militari schierati sulle due rive del Canale di Suez costituiscono la miglior garanzia per il funzionamento e la difesa di quest’arteria fondamentale per i rifornimenti petroliferi dell’Europa e per le flotte militari impegnate a contrastare l’Iran e garantire i rifornimenti delle truppe impegnate in Irak e in Afghanistan.
8) SICUREZZA I militari sono gli unici a garantire la sicurezza di fronte al rischio di caos e saccheggi. Gli attacchi alle carceri con la liberazione dei capi dei Fratelli Musulmani, e di almeno 3000 delinquenti comuni, lo dimostrano. Rinunciare ad una garanzia di sicurezza in attesa di elezioni significa rischiare una involuzione simile a quella vista nell’Irak del dopo Saddam.
9) IRAN Sottraendo al controllo dei militari un Egitto considerato un baluardo anti iraniano si rischia di regalare l’egemonia regionale alla Repubblica Islamica. L’Iran in passato non ha esitato ad appoggiare i fondamentalisti sunniti egiziani. Nel 1995 addestrò e finanziò i responsabili dell’attentato a Mubarak messo a segno in Etiopia. Oggi sarebbe inevitabilmente incoraggiato a destabilizzare il Paese.
10) ISRAELE I leader israeliani intrattengono eccellenti rapporti con Suleiman, eterno protagonista di tutte le trattative con Hamas e Autorità Palestinese. In sua assenza e di fronte aun Egitto in preda al caos po-trebbero tornare ad occupare la Striscia di Gaza per evitare passaggi di armi e terroristi da un valico di Rafah e da un Sinai ormai fuori controllo.
Inoltre una caduta dell’Egitto rischierebbe di mettere gli arsenali del secondo esercito più potente del Medio Oriente nelle mani dei fondamentalisti. La prospettiva di un Egitto nuovamente nemico, ma dotato di F16 e carri armati Abrams potrebbe spingere Israele ad altre azioni preventive.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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