Quando la madre è sola e la figlia è adolescente, a volte si arriva a un bivio: tutto pare spezzarsi oppure diverrà indissolubile. È il bivio al quale si trova Billie, la giovanissima protagonista e voce narrante di Paradise Garden (Feltrinelli Gramma, pagg. 240, euro 18, traduzione di Susanna Kolb) di Elena Fischer, scrittrice tedesca classe 1987, finalista con questo romanzo al Deutscher Buchpreis. Giorno dopo giorno crescono i dettagli di una vita insieme, cresce Billie e in lei cresce un sogno: andare con la mamma Marika su quel Mare del Nord disegnato su un pezzo di carta, completo di sole e spiaggia. Poi l'arrivo della nonna ungherese rompe gli equilibri e fa uscire i segreti allo scoperto. E l'età adulta fa capolino con la sua tensione brutale. Il romanzo di formazione è scritto in un linguaggio poetico e porta in ogni pagina particolari di intensa tenerezza che ben rendono la scoperta della verità a strati amari e spessi che si impone agli adolescenti che devono cavarsela da soli.
La relazione speciale tra una madre e una figlia: perché?
«All'inizio doveva essere la storia della ricerca di un padre e di una relazione piena di amore e tempo insieme con una figlia. Poi la figura della madre si è introdotta e non è andata più via».
Come si è calata nei panni di una adolescente?
«È stato molto naturale: l'ho sentita molto vicina tanto che non ho fatto alcun tipo di ricerca e non mi sono mai posta il problema di documentarmi per dar voce a questa generazione. Mi mancava semmai il milieu, che non è il mio, specie per la povertà e la famiglia monoparentale. Per capirlo meglio ho passato del tempo in uno di questi agglomerati urbani e grattacieli di cui parlo nel romanzo».
Quale ruolo hanno rabbia e violenza in questo romanzo?
«Quando sua madre muore, Billie scopre che le ha nascosto chi era il suo padre biologico, un uomo rintracciabile. Il padre non c'è e lei è costretta a diventare adulta a 14 anni, in modo brutale e improvviso. Proverà rabbia, ma non verrà mai meno l'amore profondo e incondizionato per sua madre. Grazie a questo amore, Billie comprende come godersi le piccole cose della vita quotidiana che madre e figlia ripetevano insieme».
Si perdona sempre ai propri genitori?
«Ognuno ha la sua storia, dice il papà di Billie. È giusto che ognuno decida per sé, chi perdonare in base a che cosa è successo: ci possono essere tanti tipi di colpe e tanti tipi di perdono. È arrogante stabilire se perdonare i genitori o un genitore, così come non penso ci sia per forza il bisogno di perdonare. Perdonare è un dono.
La comprensione di ciò che è successo può essere utile e giusta, porta ad avere più empatia per storia e passato di una persona, anche se poi non la perdoni, ma non è obbligatorio. Billie perdona sua madre, ma non faccio capire se lei perdoni il padre biologico oppure no».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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