La Cia e la caccia ai nazisti: così venne braccato l'angelo della morte

Con i nazisti la Cia ha avuto un rapporto ambivalente: da un lato, mettere in salvo menti come von Braun, utili al confronto con l'Urss; dall’altro monitorare i movimenti di chi era rimasto in libertà. Documenti oggi consultabili grazie al Nazi War Crimes Disclosure Act

La Cia e la caccia ai nazisti: così venne braccato l'angelo della morte

“Reconoce usted a este hombre? Se llama Josef (o Jose) Mengele, el asasino mas buscado al mundo”. Dieci 10 milioni di guaranì paraguaiani del 1976, all’epoca equivalenti a 25mila dollari del tempo, oggi poco più di mille euro. Una somma magra per informazioni su uno dei criminali di guerra peggiori della storia, Josef Mengele, l'Angelo della Morte del Blocco 10 di Auschwitz responsabile di orrende sperimentazioni su decine di migliaia di prigionieri, gemelli ebrei e rom deportati e poi torturati, operati senza anestesia, sfigurati ed uccisi. E, appunto, ricercato in tutto il mondo.

Quando, nel febbraio del ‘79, Josef Mengele morì affogato a Bertioga aveva appena fatto in tempo a vedersi interpretato sul grande schermo da Gregory Peck, nel film tratto dal romanzo omonimo di Ira Levin che aveva contribuito a riaccendere l'attenzione dell'opinione pubblica sui nazisti in fuga.

Caccia infinita

Israele catturò Adolf Eichmann mentre era sulle tracce di Mengele. Poi, a causa della situazione precaria in Medio Oriente e della minaccia dei missili di Nasser, dovette fare una scelta difficile: o Mengele o la sopravvivenza stessa d’Israele. L’ex medico di Auschwitz non era chiaramente al corrente che il Mossad avesse smesso di dargli la caccia e visse anni da fuggitivo, mentre altri ex nazisti finivano scoperti come Eduard Roschmann, uccisi come Herbert Cukurs, estradati come Nikolaus Barbie. Ma il mondo non lo aveva aveva dimenticato: quel suo essere "introvabile" destava sospetti tra l'opinione pubblica, tra e i cacciatori di nazisti e tra i politici statunitensi, come il repubblicano Al D'Amato.

Dossier D’Amato

Nel 1985, il senatore D'Amato scoprì che Mengele era stato prigioniero del campo alleato di Idar-Oberstein nel 1945. Vi erano in proposito testimonianze di ex guardiani del campo dal quale, poi, il dottor Morte sarebbe riuscito a scappare. Secondo la Cia, il senatore Alfonse Marcello Al D'Amato non la prese affatto bene: "Se Mengele fosse stato nelle nostre mani e poi rilasciato per qualsiasi motivo, abbiamo l'obbligo di correggere quell'orrendo errore".

I servizi segreti fornirono allora al politico informazioni circa gli ultimi movimenti di Mengele: “La mobilità di Mengele si basa sulla sua considerevole ricchezza personale (la famiglia possiede un'azienda di macchine agricole in Germania, ndr), sulla simpatia degli esponenti della destra e sulla fluidità dei confini con i paesi vicini. Al senatore D'Amato è stato detto che le relazioni bilaterali con il Paraguay sono ad un livello molto basso data la posizione degli Stati Uniti in materia di diritti umani e che Stroessner coopererà con noi solo quando vedrà qualche vantaggio nel farlo”.

A inchiodare Klaus Barbie era stata la perseveranza di due civili, Beatrice e Serge Karsfeld; a far saltare la copertura di Rsochmann una sua foto mostrata nel film Dossier Odessa; ad uccidere Cukurs un commando del Mossad mentre cercava di ammanettarlo. Anche Gustav Wagner e Franz Stangl erano stati presi. Mengele, invece, interessava forse meno.

Josef Mengele era deceduto da sei anni quando nel 1985 l'interesse di D'Amato e del resto del mondo si fece sempre più pressante. Un documento inviato alla Direzione di Langley nel marzo 1985, denunciava infatti continue speculazioni sulle sorti del criminale. Il documento poneva altresì una domanda inequivocabile: "A chi interessa Mengele? A Israele, forse, meno agli Stati Uniti che neanche hanno una causa intentata nei suoi confronti”. Aggiungendo poi un elemento di vivo interesse: “Si sa che la famiglia Mengele è estremamente benestante. Che sforzi sono stati fatti per interrogarli?”.

Che la famiglia fosse poco propensa a fornire dettagli sul nascondiglio del dottor Morte era cosa risaputa, sin dalle indagini di Fritz Bauer. Segretezza mantenuta addirittura post mortem. Il sanguinario medico era stato infatti sepolto nel cimitero brasiliano di Embu das Artes sotto il falso nome di Wolfgang Gerhard. Scoperta la sua vera identità nel 1985, si decise di procedere con un metodo di identificazione appena ideato: l'esame del Dna, per il quale fu coinvolto un familiare. Per convincerlo a fare la sua parte dovette intervenire direttamente il governo di Bonn. Messo alle strette, il parente accettò di partecipare al tentativo di identificazione, che attestò l'identità di Mengele al 99,6%.

Noti e meno noti

Come noto, gli Stati Uniti hanno avuto rapporti ambigui con i nazisti in fuga. Quelli utili come von Braun (che progettò i moduli dell'allunaggio) furono accolti negli USA e posti in posizioni di prestigio. Tutti gli altri erano o tenuti sotto controllo o usati qualora potessero tornare utili. Il Nazi War Crimes Disclosure Act ha dato la possibilità di conoscere le sorti di alcuni di loro.

Il prete Sanguinario

Fra i “controllati” c’era monsignor Krunoslav Stefano Draganovich, cappellano delle ustascia, uomo di fiducia di Ante Pavelich e criminale di guerra croato. In un report datato 1962 ed inviato da Langley al segretario alla difesa, Draganovich è indicato con i suoi tre soprannomi: “professore”, “Draganovich il sanguinario”, “dr. Fabiani” e ne viene fornito l' ultimo indirizzo noto: il 14 di via Moricone, Roma. Il documento consiglia di prenderne le distanze poiché, in cambio di una non approfondita collaborazione con gli americani, il prelato chiedeva come parte del suo compenso denaro e sostegno per i nazionalisti croati nella Yugoslavia di Tito.

Insomma, un personaggio scomodo che, per quanto buon conoscitore della Yugoslavia in piena Guerra fredda, rappresentava più un danno che un beneficio per Washington.

Un altro "Act" riguardante i nazisti fu Lodge-Philbin, varato nei primi Anni '50 per arruolare stranieri nell'US Army. I nazisti che non si erano arruolati nella Legione straniera e nel Tercio potevano sperare di avere un'opportunità in più con gli americani.

Forse pensò proprio questo Lauri Torni, quando nel 1954 fu arruolato col nome di Larry Thorne. Finlandese, aveva combattuto nella guerra di continuazione, poi nella seconda guerra mondiale con le Waffen SS per morire in Vietnam, durante una missione speciale, in un incidente di volo. Provincia di Quang Nam, 18 ottobre 1965.

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