Cugino di Raoul Bova ucciso dalla 'ndrangheta: la verità dopo quasi 40 anni

A svelare cosa accadde a Rocco Zoccali e chi compì l'omicidio sono state le dichiarazioni di un pentito

Cugino di Raoul Bova ucciso dalla 'ndrangheta: la verità dopo quasi 40 anni
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È stato necessario aspettare quasi 40 anni per poter arrivare alla verità, ma grazie alle rivelazioni di un pentito sono emersi finalmente i dettagli dell'omicidio di Rocco Zoccali, cugino di Raoul Bova, nonché il nome del suo assassino.

Lo studente, che all'epoca dei fatti aveva 20 anni, fu freddato a colpi di pistola durante un'incursione effettuata nella piazza principale di Locri il 18 novembre del 1986. A fornire tutti i dettagli di quel tragico episodio è Antonio Cataldo, ex rampollo di una famiglia affiliata alla 'ndrangheta di Locri e oggi collaboratore di giustizia.

Fu Domenico Cordì, allora minorenne, a premere il grilletto e ad ammazzare Rocco Zoccali: il giovane, sempre secondo il racconto del pentito, sparò con una calibro 7.65 dal sellino di una Vespa 50 alla guida della quale si trovava suo cugino Antonio Dieni. Il mezzo a due ruote aveva il motore truccato in modo che il rumore prodotto dallo stesso potesse in qualche modo attenuare il suono dei colpi di pistola.

Ma per quale motivo avvenne quell'omicidio? Stando alla versione fornita agli inquirenti dal collaboratore di giustizia, tutto ebbe inizio da una frattura tra la famiglia dei Dieni e quella degli Zoccali. Il padre del cugino di Raoul Bova, Stefano Zoccali, era proprietario di un magazzino che aveva concesso in locazione ad Agostino Dieni, il quale era molto in arretrato con il pagamento dell'affitto. "Gli intimò lo sfratto per morosità", ha spiegato Cataldo durante le sue rivelazioni, come riportato da Il Corriere.

Quella minaccia fu vissuta come un affronto vero e proprio, e a pagarne le conseguenze fu anche il figlio del proprietario del magazzino. Rocco fu picchiato in più di una circostanza, ma una volta decise di reagire ed esplose un colpo di pistola contro i suoi aggressori, una decisione che avrebbe pagato a caro prezzo."Sparò a una gamba di Giuseppe Alecce, uno dei fedelissimi dei Cordì. Quel gesto fu la sua condanna a morte", ha aggiunto il pentito. "Rocco fu ucciso per vendetta. Io ho visto tutta l'azione: gli dissi di stare attento perché quella offesa non se la sarebbero tenuta", ha rivelato agli inquirenti l'uomo, che all'epoca dei fatti decise di tenere la bocca chiusa per il timore di subire ritorsioni.

Giulia Bova, madre della vittima nonché cugina di primo

grado del padre di Raoul Bova, ha combattuto una battaglia pluridecennale per ottenere giustizia, e grazie alle rivelazioni di Cataldo è oggi presumibilmente possibile chiudere questa torbida vicenda una volta per tutte.

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