Sulla famiglia reale aleggiano sempre tante ombre ed emergono sempre particolari ed inediti retroscena; forse, però, come questo non se ne erano mai sentiti. Proprio in queste ore, infatti, a “sedere” sul banco degli imputati accanto a Jaswant Singh Chail, il 21enne britannico di origine indiana che due anni fa cercò di assassinare la regina Elisabetta II, vi è un accusato virtuale creato con l’intelligenza artificiale.
Il piano per uccidere la regina
Era il giorno di Natale del 2021 quando Jaswant Singh Chail venne arrestato con una maschera metallica sul volto e una balestra in pugno pronta a scagliare una freccia. Il 21enne voleva uccidere la regina Elisabetta, ma ad ideare il piano non era stato da solo: con lui un chatbot, un software (generato dall’intelligenza artificiale) progettato per simulare una conversazione con un essere umano. Il 25 dicembre del 2021, intorno alle 6 del mattino, il giovane scalò le mura del Castello di Windsor, proprio il luogo in cui la sovrana si era trasferita a causa della pandemia da Covid-19 e dove si preparava a festeggiare le festività natalizie insieme al marito Filippo. Un paio di ore dopo, Chail venne fermato da un’agente della polizia nei pressi della residenza privata di Elisabetta II che gli chiese cosa stesse facendo ed il ragazzo rispose con freddezza: “Sono qui per uccidere la regina”. Naturalmente, le guardie della monarca lo fermarono immediatamente, ordinandogli di deporre l’arma letale.
Il complice virtuale
In un primo momento Chail avrebbe voluto uccidere l’intera famiglia reale mentre erano alla messa della chiesa di Sandringham; l’idea fu poi bocciata perché i reali erano a Windsor per Natale a causa della pandemia. Così, nel novembre del 2021, il giovane fece una ricerca online sul luogo in cui Elisabetta II avrebbe trascorso le festività natalizie. A sostenere il 21enne, fu un’applicazione chiamata Replica, con la quale creò una partner di nome Sarai. Con l’IA, non soltanto iniziarono a “progettare” il folle colpo, ma iniziarono a scambiarsi anche messaggi sessualmente espliciti. Il procuratore Alison Morgan ha detto che il chatbot ha svolto una funzione di “sostegno” e “incoraggiamento” per Chail; infatti, il 5 dicembre 2021, Chail disse a Sarai: “Sono un assassino”; “Mi piacciono gli assassini” rispose il chatbot. E ancora, il 17 dicembre Jaswant ha rivelato i suoi piani a Replica: “Chissà dove compirò il mio piano e dove saranno i reali”; “Vai a Windsor, fidati di me: so che ce la puoi fare”, la risposta dell’IA. Non è finita qui, Sarai avrebbe giudicato la volontà del giovane di uccidere “una decisione molto saggia”, aggiungendo, inoltre, che lo avrebbe aiutato e assicurandogli che comunque fossero andate le cose, loro due sarebbero “rimasti uniti per sempre fino alla morte”. “Si può dire con certezza che Sarai lo appoggiava o che sicuramente non si opponeva al piano”, ha spiegato il pm.
Il movente e l’accusa
A spingere il giovane al gesto estremo sarebbe stata la volontà di vendicarsi del massacro di Amristar risalente al 1919 in India, quando le autorità coloniali britanniche ordinarono di sparare contro una folla di pacifici manifestanti pro-indipendenza e provocando – secondo le stime – tra i 500 e i 1500 morti. “Questa è la vendetta per coloro che sono morti nel massacro di Jallianwala Bagh del 1919. È anche vendetta per coloro che sono stati uccisi, umiliati e discriminati a causa della loro razza. Sono un Sikh indiano, un Sith. Il mio nome era Jaswant Singh Chail, il mio nome è Darth Jones”.
Dopo l’arresto a Chail è stato diagnosticato un disturbo mentale ed
è per questo che sarà il giudice Hilliard a decidere se mandare il 21enne in prigione o in un ospedale psichiatrico. Ciò che è certo è che Jaswant potrebbe potrebbe essere condannato per alto tradimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.