Buckingham Palace continua a tagliare le spese considerate superflue e ad attuare una politica di massima trasparenza allo scopo di realizzare la “monarchia snella” prospettata da Re Carlo III. Tutta la royal family dovrà dare il buon esempio, compresa la regina Camilla, a cui sarebbe stata tolta la rendita annuale che spetterebbe, almeno in linea di principio, ai consorti dei sovrani. Sua Maestà avrebbe accettato di buon grado questa soluzione, anche perché potrà contare sulle altre entrate della Corona.
Nessun indennizzo per Camilla
La regina Camilla ha dovuto rinunciare all’indennizzo annuale da 360mila sterline a cui avrebbe diritto in quanto moglie del sovrano. Sarà il Sovereign Grant, ovvero il contributo pubblico destinato alla Corona ed entrato in vigore il 1° aprile 2012, (sostituendo il sistema della Civil List) a provvedere a tutte le necessità della sovrana per quel che concerne impegni pubblici e viaggi. A confermare la notizia è stato il National Audit Office (Nao), ovvero l’organo indipendente del Parlamento che regola e rende pubbliche le spese della monarchia in nome di una maggiore trasparenza. Il Nao ha specificato che Sua Maestà non riceverà “un pagamento separato”. A questa privazione, però, corrisponde una contropartita: il funzionamento alla base del Sovereign Grant prevede che le spese di Camilla vengano pagate con denaro pubblico, ma in cambio Re Carlo III assicura ai sudditi una percentuale sugli introiti del Crown Estate, cioè il portafoglio finanziario della monarchia che comprende le proprietà della Corona, anche i beni immobiliari.
Un patto tra la monarchia e il governo
Dietro la rinuncia di Camilla c’è un gioco di equilibri politici e finanziari abbastanza complesso che ha le sue radici nel regno di Giorgio III, come spiega il sito del Crown Estate. Nel 1760 il sovrano raggiunse un accordo con il governo britannico per quel che riguardava la gestione delle proprietà dell’istituzione. Secondo tale compromesso il governo avrebbe gestito i beni della monarchia, i guadagni sarebbero stati destinati al Ministero del Tesoro, ma in cambio la Corona avrebbe dovuto ricevere un compenso forfettario. Sia il Crown Estate sia il Sovereign Grant si sono evoluti nel tempo e anche le regole sono cambiate, ma questo rimane il “meccanismo” generale.
Dal principe Filippo alla regina Camilla
Il principe Filippo, consorte della regina Elisabetta, ha continuato a percepire un indennizzo da 359mila sterline annuali anche dopo il suo ritiro a vita privata, nel 2017. Non vi fu alcun cambiamento nemmeno quando divenne effettivo il Sovereign Grant. A questo punto potrebbe venire spontanea una domanda: visto che il defunto duca di Edimburgo, in un certo senso, è il predecessore di Camilla e aveva diritto all’appannaggio in quanto consorte di un regnante, all’attuale Regina non spetterebbe automaticamente questo privilegio? No, per un motivo molto semplice: nel Civil List Act del 1952 (il sistema in vigore prima del Sovereign Grant) venne menzionato il nome del principe Filippo come beneficiario dell’indennizzo. Ciò significa che tale prerogativa non è trasferibile in automatico a Camilla. Servirebbe una legge ad hoc, possibilità che Carlo III non avrebbe preso in considerazione, perché minerebbe alla base la sua idea di “monarchia snella”. La rinuncia di Camilla fa parte del piano di risparmio della monarchia. D’altro canto, però, la Regina avrebbe a disposizione le altre entrate della monarchia per esempio quelle derivate dal commercio di souvenir di Buckingham Palace.
Programmi da stabilire
C’è, però, un dettaglio da non sottovalutare: negli ultimi anni, per motivi d’età e anche a causa della pandemia del 2020, la regina Elisabetta diradò i viaggi all’estero e nel regno fino a cancellarli del tutto dalla sua agenda. Anche gli impegni pubblici in patria si ridussero man mano. Il principe Filippo preferì il ritiro a vita privata e questo ridimensionò le spese della monarchia. Re Carlo III e la regina Camilla, invece, sono ancora relativamente giovani e possono permettersi di affrontare un calendario di appuntamenti più fitto. Il Nao, infatti, si aspetta un incremento dei doveri pubblici che potrebbe “alterare le future esigenze di finanziamento” della coppia reale “in modo sostanziale”, poiché “ogni Re e ogni Regina ha degli interessi e delle priorità che hanno un impatto sulla pianificazione degli eventi. Si può ragionevolmente ritenere che il Re ospiterà più eventi e viaggerà di più nel Regno Unito e all’estero su richiesta del governo”. Il programma dei prossimi doveri reali non è ancora stato stabilito, ma sembra certo che il Sovereign Grant potrà far fronte a tutte le future spese, anche perché La Corona avrebbe assicurato che “non supererà il budget stabilito”.
Via le “pecore nere”
Togliere lo stipendio a Camilla è solo l’ultimo passo verso un rinnovamento della monarchia britannica orientato alla parsimonia e al rispetto dell’ambiente. Carlo III vorrebbe tagliare i costi ed evitare gli sprechi. In nome di una maggiore austerità, dunque, Sua Maestà ha già ordinato di ridurre il consumo di energia elettrica, abbassare il termostato della piscina e il riscaldamento di Buckingham Palace, dove i sovrani dovrebbero trasferirsi dal 2027, una volta che i lavori di restauro verranno ultimati. Costi contenuti anche per quel che riguarda i membri senior della royal family: il loro numero e i loro stipendi sarebbero stati già ridimensionati. Carlo III ha anche allontanato le “pecore nere” del casato, imponendo a Harry e Meghan di restituire le chiavi di Frogmore Cottage e togliendo al principe Andrea l’indennizzo da 280mila euro proveniente dal ducato di Lancaster (il sovrano starebbe anche tentando di sfrattarlo dal Royal Lodge, ma per ora il duca di York starebbe opponendo una strenua resistenza).
La parola ai cittadini britannici
Lo scorso 15 luglio l’Express ha realizzato un sondaggio per capire cosa pensino gli inglesi della rinuncia della regina Camilla all’indennizzo. Alla domanda “la regina Camilla dovrebbe ricevere uno stipendio come il principe Filippo?” il 74% degli intervistati (1.197 persone su un totale di 1611 partecipanti) ha risposto “no”, mentre solo il 24% (387 persone) ha dato un responso positivo. Solo il 2% (27 persone) ha risposto con un classico “non lo so”. L’Express ha anche raccolto alcun commenti comparsi sul suo sito a proposito dell’esito del sondaggio. La maggior parte sono contrari all’indennizzo per la Regina. Un utente ha scritto: “Che necessità ha Camilla di una sovvenzione extra?”. Un altro ha dichiarato: “No, Camilla non ha bisogno di soldi esterni”. Un terzo ha detto: “A questo punto, vista la crisi del costo della vita, non credo che dovrebbe ricevere una rendita separata. Si suppone che i soldi del Sovereign Grant coprano le sue spese”. Un quarto utente ha auspicato: “Se [Camilla] ricevesse uno stipendio, dovrebbe consegnarlo interamente a una delle charity che patrocina”. Da notare la parola chiave di questi commenti, ovvero “necessità”. Le persone ritengono che la regina Camilla non abbia “bisogno” di quel denaro, di quel privilegio, soprattutto in tempi di crisi.
In altre parole i sudditi di Carlo III starebbero dicendo che uno stipendio per Camilla sarebbe ingiusto e il discorso su questa possibilità inutile di fronte alle persone che aspettano strategie governative per fronteggiare i problemi economici dell’intera società.
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