Sappiamo di dire una cosa poco simpatica. Ma che - siamo sicuri - pensa mezza Italia. O di più. Questa storia di Francesca Pascale e Paola Turci già faceva ridere quando è iniziata, figurati adesso che è finita.
Comunque, così va il mondo: anche per i vip, per gli Lgbtq e per i multimilionari. Ed è giusto così.
Paola e Francesca l'altro giorno hanno sciolto la loro unione civile. Cioè hanno divorziato. Manca solo l'accordo per spartirsi la proprietà di una grande villa a Fiesole (che poi era di Berlusconi), ed è fatta.
Sia chiaro. Nulla da dire, né su Francesca Pascale né su Paola Turci; berlusconiana la prima con la stessa foga con cui è antiberlusconiana la seconda. Personalmente ci dispiace che sia finita. Va sempre rispettato chi soffre per amore. Quello che invece non ci spiace è che sia saltato il velo dell'ipocrisia - e non diciamo farsa - sulla famiglia felice e contenta, non binaria, arcobaleno, non patriarcale, cementata dal rispetto e dai diritti civili che vuole insegnare a noi conformisti - che abbiamo persino sposato una donna in chiesa - come si ama, come si mette su una famiglia e come si può vivere una passione fluida non come noi che andavamo in giro col passeggino sudando sul lungomare di Varigotti - su uno yacht al largo del Cilento.
L'impressione, alla fine, e lo scriviamo sommessamente, è che
per quanto ci snocciolino le loro lezioncine morali peace, love & ddl Zan, sono in tutto e per tutto sceneggiate, tradimenti, gelosie, ripicche e divorzi esattamente uguali a noi. Non certo meglio. E forse anche peggio.
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