Paolo Cognetti, la depressione e il Tso: "Sei vivo, ma è come se fossi morto"

Lo scrittore premio Strega è stato appena dimesso: “Le malattie nervose non devono più essere una vergogna da nascondere”

Paolo Cognetti, la depressione e il Tso: "Sei vivo, ma è come se fossi morto"
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“Sei vivo, ma è come se fossi morto”. Paolo Cognetti, scrittore premio Strega, ha deciso di raccontare una pagina buia della sua vita che si è appena conclusa. Martedì è stato dimesso dal reparto di psichiatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano, dove era stato ricoverato a causa di una grave depressione sfociata in una sindrome bipolare con fasi maniacali. Il 46enne, autore de “Le otto montagne”, ha voluto confidarsi a Repubblica per “dire pubblicamente che le malattie nervose non devono più essere una vergogna da nascondere e che la risalita comincia accettando chi realmente si è”.

“In primavera e d’estate, senza un apparente perché, sono stato morso dalla depressione” ha esordito Cognetti: “Nelle scorse settimane invece, sceso dal mio rifugio sul Monte Rosa, ero in una fase bella e creativa. Un giorno mi sono accorto che il mio pensiero e il mio linguaggio acceleravano. Gli amici mi hanno fatto notare che facevo cose strane. Il 4 dicembre il medico ha disposto il Tso: trattamento sanitario obbligatorio”. L’autore e regista ha visto spegnersi improvvisamente la luce, evidenziando di aver perso il senso del pudore e quello del denaro: “Io ho inviato ad amici immagini di me nudo e ho regalato in giro un sacco di soldi. Si sono allarmati tutti: c’era il timore, per me infondato, che potessi compiere gesti estremi, o che diventassi pericoloso per gli altri”.

In quel momento è scattato il Tso: un’auto della polizia e un’ambulanza sotto casa. Sono stato sedato: da inizio dicembre, causa farmaci, non ho fatto che dormire” ha ricordato Cognetti, che sulle cause che lo hanno portato ad un tale abisso non ha risposte certe: “Per imparare quasi a scrivere ho impiegato quarant’anni. Dopo il successo con Le otto montagne , una storia urgente e necessaria, mi sono chiesto: ‘E adesso cosa faccio?’. Non ho trovato una risposta convincente. Forse ho temuto che il mio massimo editoriale, con il Premio Strega, fosse stato toccato: la popolarità è spietata e ha un prezzo significativo”.

Serve ancora del tempo per rivedere la luce, ha ammesso Cognetti, che pur “restando un anarchico” in ospedale “ai medici devi obbedire" “Ti svegliano alle sei di mattina e ti obbligano a bere subito due bicchieroni di tranquillanti. Sei vivo, ma è come se fossi morto. Avrei cercato di guarire risalendo piuttosto in montagna, o partendo per un viaggio. Dal reparto psichiatrico di un ospedale esci solo se dici e se fai esattamente ciò che chi ti cura si aspetta”.

Ma lo scrittore ha le idee chiare sul futuro: in programma un viaggio in Nepal per la preparazione di un documentario e un corso di scrittura a Marrakech. Ma non solo, ecco il ritorno alla scrittura: “In ospedale ho iniziato a scrivere un nuovo romanzo, a tratti divertente, sui temi seri di cui stiamo parlando”.

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