Ursula vuole esportare il "modello Albania"

La presidente Ue promuove la linea Meloni: "Discutiamo sui centri di rimpatrio nei Paesi terzi"

Ursula vuole esportare il "modello Albania"
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Mentre la sinistra sbraita, il protocollo Italia-Albania fa scuola e potrebbe presto diventare un modello europeo. A dirlo è la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (nella foto): «Stiamo valutando il modo migliore per introdurre nel quadro giuridico la possibilità di istituire hub di rimpatrio nei Paesi terzi, valutando sia gli aspetti legali, operativi e pratici sia le implicazioni finanziarie di tali hub, nel rispetto dei diritti fondamentali e del principio di non respingimento», esattamente come gli hotspot di Gjader realizzato dall'Italia dopo l'accordo tra Giorgia Meloni ed Edi Rama.

Mentre l'iter per far entrare Tirana in Europa entro il 2023 viaggia spedito («Continueremo a supportare l'Albania nel suo ambizioso percorso Ue, partner affidabile in materia di sicurezza sulla scena mondiale», annuncia la commissaria per l'Allargamento Marta Kos, che sta lavorando al pieno allineamento alla politica estera Ue), la Ue sta cercando anche di anticipare al 2025 l'introduzione di una lista Ue di «Paesi designati come sicuri» con l'ausilio dell'Agenzia europea, per scardinare le interpretazioni più ideologiche sul diritto d'asilo e sulle procedure di rimpatrio immediato con trattenimento di massimo 48 ore in caso di diniego. Al processo di revisione del «Paese sicuro» sta lavorando il Parlamento europeo, l'Unhcr e l'Oim e le Ong mirate, assieme a consultazioni con gli Stati membri, per valutare aventuali modifiche al regolamento».

Con una novità non di poco conto: anticipare di un anno solare l'applicazione del nuovo Patto, molto più severo in tema di concessione del diritto d'asilo e in materia di respingimenti. Una scadenza ideale, quella del giugno 2025, a ridosso dei pronunciamenti della Corte di giustizia Ue e della Corte di Cassazione sulle misure dell'esecutivo (finora congelate causa sentenze delle sezioni Immigrazione) legate al rimpatrio diretto dall'hub albanese dei migranti maschi, maggiorenni e in buona salute intercettati dalle navi militari italiane nel Mediterraneo. La stretta del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi ha già convinto alcune Ong a rinunciare alle attività di Safe and Rescue (in parte concordate con gli scafisti come dimostrano alcune inchieste giudiziarie) nel Mediterraneo.

Se ad aprile la Corte Ue dovesse dare ragione all'Italia («Non è affatto escluso», ci dice una fonte giudiziaria) e se a giugno la lista dei Paesi sicuri dove rimpatriare i migranti privi del diritto d'asilo diventasse «inappellabile», la politica migratoria Ue segnerebbe un deciso cambio di passo. «La Commissione rivendica il memorandum of understanding firmato nel 2023 davanti alla Meloni dice il presidente della Delegazione Ue-Maghreb del Parlamento europeo Ruggero Razza (Fdi-Ecr). La priorità del premier è fermare «i trafficanti senza scrupoli che si prendono migliaia di euro per mettere delle persone disperate in mezzo al mare e lasciarle alla deriva», come la piccola Jasmine. «Il protocollo con l'Albania deve andare avanti, perché non c'è nessuna altra iniziativa italiana ed europea sulla materia della lotta ai trafficanti che sia così preoccupante per i trafficanti». Se i trafficanti non possono estorcere soldi per portarli in Europa, se le Ong non possono più prestarsi al gioco dei trafficanti di uomini, «forse le persone non saranno più disposte a pagare», è l'auspicio di Palazzo Chigi.

A poco servono le doglianze della leader Pd Elly Schlein, che mostra in aula le foto dei Cpr albanesi svuotati dalle sentenze «creative» dei nostri

tribunali, né le battute di Giuseppe Conte sui poliziotti che «devono tornare in Italia». Se la sinistra sta con gli agenti dopo averli lasciati per anni alla mercé di no global e attivisti vuol dire che è davvero a corto di argomenti.

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