La tecnologia come organismo. Non solo corpo fisico, ma anche stadio dellevoluzione e, nelle tesi più estreme, rimando teologico che scalza luomo e si fa immagine e somiglianza di Dio. È una linea di pensiero che si diffonde sempre di più, come testimoniano alcune recenti uscite in libreria. Cè chi annuncia la comparsa di «una nuova versione 2.0 dellhomo sapiens», battezzandola homo digitalis, o homo zappiens. È il caso di Paolo Ferri, docente di Teoria e tecniche dei nuovi media alluniversità Bicocca di Milano, e del suo Nativi digitali (Mondadori, pagg. 205, euro 18). Nativi digitali, appunto: una razza in via dapparizione, incarnata da tutti coloro che sono nati a rivoluzione di Internet avviata. A questo nuovo stadio dellumanità, i supporti multimediali sono considerati alla stregua di protesi cognitive e ludiche. «Lestensione digitale del proprio sé», è «un comportamento culturale che i nativi praticano diffusamente fin dalla prima infanzia». Si giunge così a ibridare indissolubilmente tecnologia e soggettività. I nativi digitali sono immersi già da sempre «nel flusso mediale che essi stessi plasmano e reinventano». Di modo che lapparire di una nuova razza umana svela anche una nuova forma di «intelligenza collettiva», il cui esempio più eclatante è Wikipedia, «lenciclopedia gratuita costruita da tutti e da ciascuno». Per cui ecco la radicale «differenza antropologica» con lobsoleto homo sapiens: lo stato di simbiosi totale con la tecnologia. Se è vero infatti che «lhomo sapiens è sempre stato un homo tecnologicus», è solo con il nativo che si arriva alla fusione totale dei due termini. Gli uomini del Terzo Millennio sono «simbionti strutturali» della tecnologia, sono animati da un «sistema nervoso digitale».
A esiti ancora più drastici approda Kevin Kelly, scrittore e giornalista cofondatore della rivista Wired, con il suo Quello che vuole la tecnologia (Codice edizioni, pagg. 401, euro 29). Kelly forgia un neologismo, per indicare il rapporto tra lumano e il sistema della tecnologia: «il technium». Con laccelerazione esponenziale del digitale, il technium è diventato sempre più «un organismo complesso». Che ormai sfugge al controllo esclusivo della componente umana, e manifesta la «comparsa di un sé». Il fatto è che la tecnologia rappresenta sì una protesi dellumano, ma «non si tratta di unestensione dei geni bensì delle menti. È dunque il corpo esteso per le idee». Una specifica forma di vita, che come tutte avanza per «linee evoluzionistiche». In questo senso, il technium apre le porte di un «settimo regno» della vita oltre quelli conosciuti, ma che, basandosi sullevoluzione di idee, è immortale, rispetto allavo homo sapiens. Un «superorganismo», di cui tutti facciamo parte. Che arriva ad assumere tinte divine. Il sacro del nuovo millennio assume allora le sembianze di «una membrana pulsante di nervi elettronici, in cui interi continenti di macchine conversano luno con laltro».
Il fenomeno curioso è che a certificare il passaggio della tecnologia a uno stadio organico non sono solo i suoi apologeti, ma anche i critici in materia. Tutto il monito del saggista Nicholas Carr racchiuso nellinterrogativo Internet ci rende stupidi? (Cortina, pagg. 317, euro 24) poggia sullassunto che noi non pensiamo più come prima, perché la rete è diventata lestensione del nostro io nel mondo. internet realizza lutopia del «medium universale»: grazie alla sua interattività, noi siamo sempre presenti nel «luogo di riunione del mondo», con il sapere di Wikipedia, le immagini di Youtube, le relazioni di Facebook a portata di click. quel che i tecnoentusiasti non dicono, però, è che la nostra mente alla lunga viene prosciugata «dal flusso continuo di simboli e stimoli».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.