Del Piero: «Sono come Achille finora ho guardato dalla collina»

«I guai italiani non si risolvono vincendo il mondiale»

nostro inviato a Duisburg
«Cantami o diva l’ira funesta del Pelide Achille che infiniti addusse lutti agli Achei». La prima intervista mondiale di Alessandro Del Piero, scandita dalla citazione classica e da tante altre benemerite affermazioni, ci riporta, come per magia, ai banchi del liceo e all’Omero studiato a memoria in tempi in cui il brano rappresentò una sorta di battesimo alla lettura metrica. In privato il maturo artista un tempo paragonato da Agnelli a Pinturicchio racconta che la passione per l’eroe omerico è recente e gli deriva dalla visione del film «Troy» che pure qualche licenza storica si è concessa. Buon per lui. Solo per questo, bisognerebbe spedirgli un grazie sentito. Ringiovanire d’incanto, in un mattino pieno di sole e di indecifrabili umori, lungo il perimetro del mondiale di Germania che prende il largo, qui a Duisburg dove si moltiplicano le belle ragazze arruolate dagli sponsor, è una piacevole sensazione. A poche ore dal debutto di Hannover, Del Piero, capitano della Juve simbolo dello scandalo del calcio italiano all’estero, non si sottrae nemmeno all’inevitabile attraversamento del terreno minato dell’affare Moggi. Anzi, qui beve fino in fondo la cicuta e firma, per la prima volta dalle sue parti, un distinguo che gli fa onore: «separiamo gli affetti dai fatti» la sintesi del suo pensiero che non si presta a censure né a reprimende del commissario Guido Rossi. Infine, sul tema cavalcato dai giornali, della rivalità ormai declinante, con Francesco Totti, il suo è uno scatto d’orgoglio, di quelli che gli appartengono e che spesso è lecito riconoscere sui prati verde smeraldo del nostro campionato. «Se lui è al 70%, io sono più che al 100%» detta ai microfoni delle televisioni intervenute dopo il rito della carta stampata e delle agenzie. L’unico passaggio algido e disincantato viene abbinato al nome di Fabio Capello. E forse non c’è bisogno di alcuna chiosa.
Allora Alessandro Del Piero, come sta?
«Molto bene. E come tutte le attese, non si vede l’ora di giocare».
Fin qui è rimasto in silenzio: vuole spiegarlo?
«Perché di solito mi ritiro sulla mia collina personale a valutare, osservare e cercare di capire. Mi comporto come usava fare Achille il quale si defilava dalla guerra. Così io ho fatto fino ad ora».
E quali sono le considerazioni che ha ricavato lassù sulla collina?
«Di solito i piani di attacco non devono essere svelati».
Non ha mai parlato neanche dello scandalo, i giornali tedeschi sono pieni di riferimenti: vuole farlo adesso?
«Non sono più intervenuto da Bari ad oggi perché da quel giorno molti avvenimenti si sono inseguiti, molti fatti sono venuti alla luce e altri ancora verranno. Ho acceso proprio venerdì per la prima volta la tv in camera e ho sentito tutte le novità, ce ne sono più di una mi pare di capire. Io continuo a coltivare la speranza che alla fine vada tutto bene per la mia società e per la mia squadra. La situazione, come si capisce, è molto complessa. E nessuno deve stupirsi se nei confronti di Moggi e di coloro che hanno lavorato al nostro fianco per anni, vi siano attestati di affetto. Un conto sono gli affetti, un conto sono i fatti. Mi auguro che i fatti, dopo il mondiale, siano più evidenti».
Le sue ultime esibizioni non sono state molto convincenti: pensa di giocare subito?
«Come per Achille così anche per me non conta il numero di guerre a cui si partecipa ma come si partecipa. E’ il motivo dominante degli ultimi due anni della mia carriera in cui ho cercato di far sapere agli altri di cosa sono capace io».
Eppure alla Juve è finito in panchina?
«Se mi sono comportato così bene e se ho tratto dal mio comportamento un rendimento utile, non vuol certo dire che mi sono abituato alla panchina. L’ho fatto per merito mio e di altre persone. Non è questo il momento di parlare della Juve e di Capello».
La panchina con Lippi sarebbe diversa?
«In questi anni con Lippi ho sorriso tante volte. E anche se mi capitasse la panchina non mi piangerei addosso. Il ct ha fatto un ottimo lavoro, ora dobbiamo preoccuparci della prima partita, è la più difficile, quella decisiva, sentiamo tutti emozione e pressioni. Se l’affrontiamo col cuore riusciremo a marcare la differenza coi nostri avversari»
Visto che si paragona ad Achille, qual è il suo tallone? E soprattutto, chi è Ettore in giro?
«Proteggerò il mio tallone nel modo più opportuno. Se mi fermo a pensare cosa ero da ragazzino che sognava di fare il calciatore e cosa sono diventato nel frattempo, non ho motivi per sentirmi deluso. In carriera ho dimostrato abbastanza. Ettore è la finale mondiale, diciamo così».
Lippi ha definito “vogliosa” la sua Italia: è l’aggettivo giusto?
«Azzeccato. C’è una gran voglia di mettere piede nel mondiale, di giocare».
A che punto è la rivalità con Totti?
«Tra di noi non c’è alcuna disputa. Siamo entrambi al servizio di Lippi, sarà lui a decidere per il meglio e per la squadra».
Capello ha dichiarato qualche tempo fa: con me Del Piero è tornato a saltare l’uomo. Cosa ne pensa?
«Fino a due anni fa ero così scarso?».
Continuano a circolare paragoni con il mondiale dell’82: li riconosce anche lei?
«In effetti, a ben riflettere, resistono più di una analogia con quel mondiale, non solo statistiche e numeriche. Spero che gli dei ci assistano».
E’ giusto far pesare sulla Nazionale l’incarico di cancellare dalla testa della gente lo scandalo Moggi?
«E’ una responsabilità che sentiamo, questo è sicuro. Ma non sono d’accordo sul fatto che bisogna ripartire da un eventuale successo della Nazionale al mondiale per riuscire a risolvere tutti i problemi evidenziati dal caso. Per fare pulizia bisogna agire con determinazione su un altro piano. Noi giocatori dobbiamo pensare a giocare e non possiamo farci carico di altro».
Che squadra è questo Ghana?
«Abbiamo già cominciato a studiare i video, io conosco bene Appiah su tutti. So che si tratta di una squadra completa.

E dobbiamo affrontarla non per fare buona figura ma per vincere la partita».
Lo sa che, carta d’identità alla mano, può essere il suo ultimo mondiale?
«Non sono ancora così vecchio, devo ancora compiere 31 anni ma so che può essere l’ultimo».

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