"Pintor optimus", dall'industria al museo. Quando la grafica diventa grande arte

Il Man di Nuoro dedica un'esposizione a Giovanni Pintori

"Pintor optimus", dall'industria al museo. Quando la grafica diventa grande arte
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da Nuoro

«La grafica non è sottpoittura», diceva Giovanni Pintori, maestro di forme e colori cui Adriano Olivetti aveva affidato il compito di gestire l'immagine della sua azienda, attraverso manifesti e pubblicità che sono diventati storia del costume, che sono arte. Ce ne rendiamo conto immediatamente girovagando tra i tre piani dell'esposizione che ora il Man Museo d'Arte della Provincia di Nuoro dedica alla raffinata arte pintoriana del segno: Giovanni Pintori (1912-1999) pubblicità come arte. Nata in collaborazione con il m.a.x. museo di Chiasso e curata da Chiara Gatti e Nicoletta Ossanna Cavadini (fino al 15 giugno), presenta trecento lavori tra disegni, dipinti, maquette, pagine pubblicitarie di riviste, fotografie, manifesti e bozzetti originali (la parte più bella, ché è dall'evoluzione dello schizzo buttato giù a mano su carta che si coglie il senso di Pintori per l'arte grafica). Una sorta di ritorno a casa per un uomo che è partito dalla Sardegna profonda e ha saputo, ancora giovanissimo, conquistare l'industriale Olivetti tanto da diventare l'art director dell'azienda di Ivrea che al tempo cavalcava sicura il mercato. Pintori nella sua carriera ha inanellato premi (il primo è del 1950: la Palma d'Oro della Federazione Italiana Pubblicità, cui seguirà un lunghissimo elenco) e mostre in giro il mondo (dal MoMa al Louvre): niente male per uno nato a Tresnuraghes, Oristano, da genitori originari di Nuoro, città dove ha vissuto fino all'adolescenza.

La famiglia è modesta, in casa si è in tanti e la vita è dura, ma Pintori è sveglio e si aggiudica, insieme ai conterranei Salvatore Fancello e Costantino Nivola (che svilupperà con successo la sua arte in America) una borsa di studio della Camera di commercio che cambierà per sempre il suo destino. Nave, treno e carrozza lo portano appena maggiorenne al mitico ISIA-Istituto Superiore Industrie Artistiche di Monza, e chissà che cosa deve aver pensato osservando quel mondo tutto nuovo e così diverso dalla sua isola, un posto dove Gio Ponti è già un mito e dove il made in Italy sta prendendo forma e fama. Nel '36 Pintori inizia a collaborare con l'Ufficio Tecnici Pubblicità Olivetti e dopo quattro anni ne diventa il responsabile. Per vent'anni la grafica di Pintori, con quel suo tratto inconfondibile, è parte essenziale del successo dell'Olivetti. La mostra al Man dedica il piano centrale al «mito by Pintori», quella Lettera 22 che i più anziani tra noi giornalisti ancora ricordano come alleata fedelissima nel chiudere in tempo i pezzi, e allora ecco le deliziose pubblicità del tempo che ne decantano l'affidabilità, la leggerezza, la velocità, con un mix perfetto di parole e forme che solo chi ha il felice dono della sintesi riesce a ideare. Geniale anche il progetto per la Studio 44: un calamaio, una rosa e un'ombra in uno spazio geometrico. La pubblicità di Pintori è arte perché non ha bisogno di mettere in mostra la merce: suggerisce, allude e plasma originali immaginari visivi. Lo si coglie al meglio nell'ultima parte della mostra, dedicata anche alle creazioni del periodo post-Olivetti: il capitano d'industria muore in circostanze ancora non del tutto chiarite su un treno per Losanna nel '60, Pintori rimane in azienda fino al '67, ma le cose sono cambiate, la golden era dell'azienda che accoglieva nel management artisti poeti, disegnatori, scrittori andava sbiadendosi, indebolita anche dalla competizione con i prodotti americani nel settore dei computer.

Da libero professionista, Pintori si muove poi tra Pirelli, Ambrosetti e Merzario, azienda di trasporti per cui realizza alcune splendide grafiche. «Pintori, bel nome per uno che fa il grafico con un senso squisito del colore e che in segreto dipinge»: le parole di Vittorio Sereni sono l'omaggio perfetto alle opere dell'ultimo periodo.

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