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Pirati: i maggiori esperti a confronto in un incontro al Circolo Tevere Remo

L'ultimo assalto ad un cargo libico da parte di pirati somali è di poche ore fa. Nel 2005 gli attacchi sono stati 276; 239 nel 2006; 263 nel 2007; 293 nel 2008 e 406 nel 2009. La Marina italiana è in prima linea, ma ci sono molte incertezze su come contrastare il fenomeno.

L'ultima notizia di cronaca racconta dell'assalto di pirati somali ad un cargo libico, avvenuto poche ore fa. L'equipaggio è stato catturato e uno dei membri è stato ferito gravemente. C'è stata una vera e propria battaglia a bordo e sembra che alcuni pirati siano stati uccisi.
Tutto è avvenuto a sud-est di Garacad, a largo della costa nord della Somalia e alla fine l'equipaggio è riuscito a riprendere il controllo della nave, comunica la forza navale antipirateria dell'Ue, Navfor.
Un episodio che dimostra quanto questo problema sia reale e di interesse internazionale. Eppure, l'informazione non è ancora arrivata al grande pubblico che quando si parla di pirati si pensa a quelli di famosi romanzi e cartoon o, al massimo a quelli informatici, meglio noti come hacker.
«Pirati: un nome antico per una minaccia attuale» è stato il tema dell'incontro svoltosi pochi giorni fa a Roma, nei saloni del Reale Circolo Canottieri Tevere Remo, il più antico della capitale, fondato nel 1872.
Alcuni dei maggiori conoscitori italiani del fenomeno sono stati messi a confronto proprio per far conoscere i vari aspetti di una problematica molto importate per l'economia anche del nostro Paese, ma spesso non compresa dall'opinione pubblica.
L'iniziativa è stata presa dalla Commissione Cultura del club, nell'ambito della sua venticinquennale attività che conta finora oltre 450 manifestazioni, tra concerti di musica da camera e conferenze,
Per parlare dunque dei pirati dei nostri giorni sono stati invitati l'ammiraglio Fabio Caffio dello Stato Maggiore della Marina Militare Italiana, Nicolò Carnimeo, docente di Diritto della Navigazione all'Università di Bari e autore del libro «Nei mari dei pirati» (ed. Longanesi), Cesare d'Amico,CEO d'Amico Società di Navigazione Spa e presidente del Gruppo CSO di Confitarma, l'ammiraglio Raimondo Pollastrini, Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia Costiera e il Ministro plenipotenziario Giovanni Polizzi, responsabile per la Somalia del Ministero degli Esteri.
Sin dai tempi più antichi la pirateria ha rappresentato un problema serissimo per le navi e per i loro equipaggi e ancora oggi interessa molte aree del mondo. In alcune, negli ultimi anni, si registra un preoccupante aumento del fenomeno, che crea gravi rischi e pericoli per la navigazione mercantile.
Secondo i dati dell'International Maritime Bureau, nel 2005 gli attacchi sono stati 276, 239 nel 2006, 263 nel 2007, 293 nel 2008, e 406 nel 2009.
Di questi ultimi in particolare il 48% si sono registrati nel Golfo di Aden (116) e nelle acque antistanti la Somalia (80).
É un'area particolarmente importante per i traffici commerciali via mare, che collegano l'Estremo Oriente al Mediterraneo.
Ogni anno in questi mari passano oltre 22.000 unità mercantili, di cui quasi 2.000 navi di interesse italiano. E la loro navigazione è costantemente a rischio.
Tutti i paesi occidentali, sotto l'egida delle Nazioni Unite, della NATO e dell'Unione Europea hanno inviato unità militari per proteggere la navigazione mercantile in quest'area, eppure la soluzione del problema sembra ancora lontana.
«Dimentichiamoci - spiega Fausto Milano, promotore dell'iniziativa- le immagini romantiche veicolate dai libri di Salgari o dai film con Johnny Depp: non si parla di questo, ma di un argomento di grande attualità di cui però pochi conoscono sia la dimensione del fenomeno (molto maggiore di quanto si possa immaginare) sia la straordinaria complessità delle sfide da affrontare per debellarlo o, quanto meno, per arginarlo».
Risulta, infatti, che interi porti e vasti territori retrostanti sono privi di autorità centrale e dominati da bande che sono veri eserciti. Ci sono capi-pirati che negoziano il rilascio di navi come fossero ministri di un (inesistente) stato.

E sono state mobilitate le Marine Militari della maggior parte dei Paesi industrializzati (con quella italiana da sempre in primo piano), per pattugliare enormi spazi oceanici.
Ma tutto questo avviene in un quadro di grandi incertezze su alcuni punti.
Il primo è: quale diritto applicare? Il secondo: quali carceri utilizzare? E il terzo: con quali autorità e Stati stringere accordi?

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