da Capri
Dove trovi lenergia per fare tutto è un mistero. E il bello è che il primo a stupirsi di questo stato di grazia, è proprio lui: Michele Placido, 62 anni a maggio. Oggi sarà agli incontri di Capri Hollywood per un premio, ieri era a Lecce. Mentre prima di Natale si trovava a San Luca, il paese calabrese della strage di Duisburg, per inaugurare un teatro nella scuola elementare: «Solo la cultura e lo studio possono far sentire meno soli i bambini».
Intanto in tv lo vedremo il 12 gennaio su Canale 5 nellUltimo padrino, il film in due puntate sul boss Bernardo Provenzano. Qualche mese dopo, sempre su Canale 5, Placido sarà Aldo Moro, mentre da diverse settimane sta girando il nuovo film di Michele Soavi Il sangue dei vinti, tratto dal romanzo di Giampaolo Pansa. Infine, dal 20 febbraio inizierà in Canada, da regista, le riprese de Il grande sogno, il suo film sul 68. Finito qui? Non esattamente. Il Placido che dice di avere «unenergia mentale più vigorosa oggi rispetto a ventanni fa, ma non so perché», si diverte a fare anche il direttore artistico: del proprio teatro, nel quartiere popolare di Tor Bella Monaca a Roma e del progetto televisivo targato Sky tratto da Romanzo criminale, il film da lui diretto due anni fa e che diventerà una miniserie in 12 puntate, «in cui ho una sorta di supervisione».
Placido, si offende se le dico che nel 2008 sarà il prezzemolo della fiction italiana?
«E perché mai dovrei? Ho voglia di lavorare, di mettermi in gioco. Poi, certo, per mancanza di tempo qualche progetto sono stato costretto a rifiutarlo: ad esempio Vent'anni dopo, che racconta le vicende dei reduci di Mery per sempre, il film di Marco Risi che interpretai al fianco di Claudio Amendola».
Proprio Marco Risi lha diretta nel film su Provenzano. Su cosa ha puntato per rendere così credibile il boss mafioso?
«Sulla voce e sullaspetto fisico. Essendo Provenzano un personaggio difficile, scomodo, ho dovuto studiarlo molto. Attraverso la lettura dei pizzini e dei rapporti dei Carabinieri, ho visto che parlava poco e lho proposto come un uomo che comunica solo con un filo di voce. Quasi afono. Quando il giudice Prestipino ha visto la mia interpretazione mi ha chiesto: Placido, non è che lei ha incontrato Provenzano in carcere?. No, gli ho risposto. E lui: Sa, lo ha interpretato perfettamente».
La fiction italiana sta riscoprendo il filone mafioso. Perché secondo lei?
«Quelle dei boss sono storie appassionanti. Incuriosiscono la gente. Uno si chiede, ad esempio, come abbia fatto Provenzano a comandare unintera regione, e non solo, senza praticamente avere contatti con il mondo esterno. Sarà un film rigoroso, fedele ai fatti. Di mio gli ho dato una caratterizzazione inaspettata. Il boss appare quasi un uomo dolce, patetico. E fortemente religioso. Ma è stato faticosissimo renderlo umano. Tanto che quando ho fatto Moro mi è sembrato di passeggiare, artisticamente parlando».
Per interpretarlo ha puntato anche lì sullaspetto fisico?
«Moro è una persona ancora troppo viva nella testa della gente. Sarebbe stato rischioso. Mi sono ispirato dunque alla sua grande umanità, al suo tono di voce pacato. E per i racconti mi sono fatto aiutare dalla figlia Maria Fida Moro, che ha voluto conoscermi. Sa, mi ha detto, mio padre non viene mai rappresentato per quello che era, la prego di fare attenzione. Mi sono ispirato alla figura di mio padre, anche lui presidente dellAzione cattolica di Ascoli Satriano, il mio paese nel Foggiano. Papà era una persona dolce e giusta, come il presidente dc».
Un film più personale che politico, dunque?
«Non proprio. Nella prima puntata si racconterà il privato di Moro: la sua passione per le lunghe passeggiate sul litorale di Terracina e lamore per i figli e il nipotino. La seconda invece è tutta incentrata su quei 55 terribili giorni in cui Moro venne lasciato solo da tutti».
Altro anniversario importante: quarantanni fa i disordini alla facoltà di architettura di Valle Giulia, a Roma. Lei era un poliziotto, allepoca. E si racconterà in Il grande sogno, un film sul 68, con Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca e un attore che deve ancora scegliere.
«E che sceglieremo a inizio gennaio. È la storia di tre persone viventi, ragazzi allepoca dei fatti, che hanno vissuto quel grande momento storico a cui devo molto. Senza il 68, non sarei diventato attore, non avrei preso coscienza delle cose, come senza La piovra, esatti esatti 25 anni fa, non sarei diventato famoso. Ma non ci sarà nostalgia. Analizzerò le vicende del periodo, la formazione culturale degli ex sessantottini e mi racconterò attraverso gli occhi di Scamarcio. Perché nel film sarà lui a interpretare me da giovane. È pugliese come me e ha la mia stessa grinta».
Prima de Il grande sogno, Il sangue dei vinti: per Raifiction, ambientato in Piemonte agli sgoccioli della Seconda guerra mondiale. Polemiche in vista.
«Affatto. Spero anzi ce ne siano. Il compito degli attori è proprio quello di suscitare, attraverso le loro interpretazioni, un dibattito costruttivo. E di stare con i più deboli, come faccio io nel film».
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