Pesaro - Se l’intento era quello di scuotere e toccare nel profondo la sensibilità degli spettatori, ebbene, l’impianto registico di Graham Vick per il Mosè in Egitto, seconda opera in cartellone del Rossini Opera Festival, ha raggiunto in pieno l’obiettivo. Per un attimo, alla fine del secondo atto, si è sfiorato lo "scontro" fra coloro che a squarciagola urlavano "Vergogna! Vergogna!" e i convinti sostenitori della liceità della lettura del regista inglese. Insomma un allestimento che ha fatto - alcune polemiche hanno cominciato a serpeggiare ancora prima della "prima" - e farà discutere. Del resto Gianfranco Mariotti, sovrintendente del Rof, lo ha sempre sostenuto: "Il Festival è il luogo adatto per osare con spettacoli destinati a far riflettere e a suscitare un confronto".
Certo che chi cercava nel Mosè in Egitto di Pesaro uno spettacolo rassicurante è rimasto deluso. Vick, che peraltro aveva già firmato lo splendido allestimento del Moise et Pharaon di 14 anni fa, ha fatto intendere chiaramente che in questo nuovo secolo le cose sono profondamente cambiate e il teatro non può, rimanere ancorato a una visione del mondo ormai del tutto superata. C’è da dire che al di là dell’ambientazione della vicenda in un Medio Oriente di stringente attualità, le caratteristiche dei personaggi e la scena non lasciano adito a dubbi.
Lo scontro non è più quello, o non lo è soltanto, fra popoli diversi - che siano ebrei, palestinesi o arabi ha un’importanza relativa - ma fra oppressi ed oppressori. Le due categorie sono distinte anche visivamente: i primi sono relegati da Vick in una sorta di scantinato, dove organizzano le trame, tecnologiche e violente, della loro resistenza, con tanto di computer, fax, telecamere - come non pensare immediatamente ai filmati di Osama Bin Laden? - e bombe. Per Mosè in Egitto, il palcoscenico e la platea dell’AdriaticArena sono attraversati da sopravvissuti che cercano i loro familiari mostrando al pubblico le loro foto, le teste di cuoio con i loro mitra corrono in lungo e in largo all’inseguimento degli Ebrei.
La scena, dove il piano superiore è destinato ad accogliere gli oppressori, gli Egiziani, che diventano emblema di una classe sociale e politica assolutamente globalizzata, è sempre affollatissima e teatro di scontri di inaudita violenza. Mosè diventa il capopopolo di una strenua lotta per la libertà dove anche la lotta armata è giustificata: non per nulla - e non si può dire che non sia shockante - egli intona la celebre preghiera Dal tuo stellato soglio imbracciando il mitra. E' il rapporto con Dio il nucleo centrale della lettura di Vick, il Dio crudo e crudele dell’Antico Testamento, ma anche un Dio troppo spesso chiamato in causa dagli uomini per le loro nefandezze. Non mancano neppure le citazioni degli orrori di Guantanamo e i riferimenti alla strage del Teatro di Mosca o a quella dei bambini ceceni di Beslan. E quando il passaggio del Mar Rosso si trasforma nell’aprirsi di un varco nell’alto muro che domina la scena, siamo a Gaza, ma anche a Berlino. Il finale è consolatorio e dà adito alla speranza. Un bambino, già pronto a farsi esplodere come un kamikaze, incontra il soldato sceso da un carro armato, con bandiera israeliana, che gli offre una tavoletta di cioccolato. Fin qui Vick. E la musica rossiniana di Mosè? Non ha perso nulla del suo fascino e della sua grandezza. E questo grazie alla direzione superba di Roberto Abbado, che ha mantenuto sempre alta la tensione drammaturgico - musicale, guidando con energica passione il cast. Un’opera sostanzialmente corale - e il coro del teatro comunale di Bologna è stato sempre all’altezza della situazione - con bellissimi concertati - come il finale dell’atto I All’etra, al ciel e il quartetto del II atto Quale assalto! qual cimento! - ma anche arie di straordinaria bellezza, come quella di Elcia, la schiava ebrea innamorata di Osiride, figlio di Faraone, Porgi la destra amata e la celeberrima preghiera di Mosè Dal tuo stellato soglio, che Rossini introdusse in un secondo momento nell’opera. Applausi pieni di entusiasmo per gli interpreti principali, Riccardo Zanellato nel difficile ruolo di Mosè, Alex Esposito in quello di Faraone e Dmitry Korchak in quello del tormentato Osiride, Sonia Ganassi, applauditissma, nelle vesti di una tenera e coraggiosa Elcia.
Bene anche Olga Senderskaya (Amaltea), Yijie Shi (Aronne), Enea Scala (Mambre) e Chiara Amarù (Amenofi). Vera e propria ovazione per il direttore Roberto Abbado, che ha potuto contare su un’orchestra, quella del Comunale di Bologna, in stato di grazia- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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