Bangkok - "No, non ho parole. Anche Fabio. E' terribile, un altro che se ne va". Sono le prime parole di Grazia Neri all'Ansa nell'apprendere della morte di Fabio Polenghi, il fotoreporter ucciso a Bangkok durante uno scontro tra le forze governative e le camicie rosse. Attraverso l'ambasciata italiana a Bangkok, anche la Farnesina ha confermato la morte del fotoreporter.
Pollenghi, fotoreporter Un reporter solitario, un giramondo, un eterno ragazzo capace di stare mesi fuori dall’Italia e poi di tornarvi magari solo per un documento o per stare un pò con la madre, con cui viveva quanto faceva tappa a Milano la sua città. Una sorta di Bruce Chatwin, ma con la macchina fotografica in mano, incapace di fermarsi e sempre alla ricerca di un nuovo Paese, di un’altra realtà da conoscere. Ma allo stesso tempo una persona impegnata nel sociale, simpatico e benvoluto da tutti, come testimoniato da chi lo conosceva. È ricordato così Fabio Polenghi, 45 anni, il fotoreporter la cui "eterna avventura" è tragicamente finita a Bangkok, in Thailandia. Nel caseggiato popolare dell’Aler, ben tenuto, in zona Ticinese poco distante dal demolito centro sociale Orso, dove la famiglia si è riunita dopo la notizia della morte appresa inizialmente in modo frammentario e confuso dalla stampa, sono arrivati durante il giorno anche colleghi e amici. Il padre e la madre, affranti, hanno chiesto alla sorella Isabella (l’altra sorella è, da quanto si è appreso, in Honduras), anche lei fotografa, di fare da "portavoce" con i giornalisti.
Il dolore dei famigliari Con grande cortesia e forza d’animo e vincendo a stento la commozione, la donna ha raccontato il Fabio un pò più 'personale': "Faccio un lavoro come il vostro so cosa vuol dire, ma esserci dentro è un’altra cosa. La fotografia era la sua passione e il suo amore. Mio fratello stava facendo il suo lavoro e basta. Mio fratello - ha aggiunto Isa, visibilmente sotto choc - viveva per la sua professione, era un appassionato di cronaca internazionale. Ha iniziato a fotografare a 20 anni. Anch’io sono fotografa, abbiamo iniziato insieme". "Lui - ha concluso - ha preso la strada del reporter, non faceva altro". Fabio Polenghi era uno di quelli che "trovavi in ogni luogo ci fosse qualcosa da documentare", racconta un amico e collega che aveva lavorato con lui. Non sposato, ultimamente aveva fatto base a Delhi, in India, e a Milano "non si vedeva più come prima".
Il ricordo di un amico "Io l’ho incontrato in Afghanistan e al G8 - ricorda l’amico - ma non c’era bisogno di chiedersi se Fabio si sarebbe trovato o meno in un certo luogo. Se accadeva qualcosa, lui era di quelli che si sa che si troveranno, prima o poi saltava fuori". Polenghi lavorava dal 2004 come freelance, ed era molto conosciuto tra i suoi colleghi. Ma aveva lavorato per importanti agenzie e testate, prime fra tutte Grazia Neri, Vanity Fair, Vogue, Marie Claire, Elle e altre, come risulta da un suo curriculum postato su Internet. In 29 anni di lavoro aveva girato una settantina di diversi Paesi. "Realizzo servizi fotografici nei settori del reportage, ritratto, moda e pubblicitario", dice di se stesso in un blog, definendosi «occasionalmente regista, con varie realizzazioni all’attivo, la più significativa tra le quali un documentario di 52’ Linea Cubana che racconta di un padre, campione olimpico di pugilato e di suo figlio, campione nazionale nella stessa disciplina, realizzato a Cuba...". Aveva anche realizzato lavori sulla lotta dei 'senza terra' in Brasile. Il presidente dell’Associazione lombarda dei giornalisti, Giovanni Negri, ha parlato di "grave perdita" e "si è stretto con la categoria alla famiglia dello sfortunato e coraggioso fotoreporter".
Il dolore per la morte "Ognuna di queste notizie mi prende il cuore. Ho in mente il suo viso. Proprio ieri ero a World press photo e commentavo con i colleghi come i fotografi siano sempre più vicino al pericolo, sempre più dentro...". Polenghi era di Milano, dove spesso stava dai suoi genitori, ma aveva base a Rio de Janeiro e Delhi. "Rientrava per un periodo, magari perché gli scadevano dei permessi, e poi ripartiva". Polenghi era uno di quelli che "trovavi in ogni luogo ci fosse qualcosa da documentare", racconta un amico e collega che aveva lavorato con lui all'agenzia Grazia Neri. Non sposato, e quasi sempre in giro per lavoro. Ultimamente aveva fatto base a Delhi, in India, e a Milano "non si vedeva più come prima". "Io l'ho incontrato in Afghanistan e al G8 - ricorda l'amico - ma non c'era bisogno di chiedersi se Fabio si sarebbe trovato o meno in un certo luogo. Se accadeva qualcosa, lui era di quelli che si sa che si troveranno, prima o poi saltava fuori".
Laroche: "Testimoniava emozioni" "Non era una persona che raccontava delle storie o che voleva politicizzare tutto ad ogni costo. Cercava le emozioni nella gente e non parteggiava per nessuno". Il fotografo francese Fabrice Laroche ricorda così Polenghi ai microfoni di Cnr Media, raccontando di aver lavorato per molti anni con lui: "Non aveva affatto l'abitudine di battersi per una causa voleva essere piuttosto un testimone. Era una persona eccezionale e io sono davvero scosso dalla notizia della sua morte". Fabio, prosegue il collega francese, "Veniva dal mondo della moda e per vocazione, io credo, ha scelto poi di lavorare in ambiti più personali e sulle relazioni umane. Abbiamo lavorato insieme ad un documentario su Cuba, abbiamo cercato di raccontare una storia familiare. Lui era uno che amava molto parlare delle relazioni personali".
Il cordoglio della politica Appresa la notizia della scomparsa di Polenghi, il presidente del Senato Renato Schifani esprime il proprio cordoglio: "In questo tragico frangente tutti noi dobbiamo riflettere sull’importanza fondamentale del lavoro svolto, anche a rischio della propria vita, dai professionisti dell’informazione che, in nome della verità, pagano purtroppo un alto tributo di sangue".
Anche le istituzioni locali si sono strette attorno alla famiglia del fotoreporter. Mentre il sindaco di Milano, Letizia Moratti, parla di "grave perdita" sottolineando il "coraggio" di Polenghi, il governatore lombardo Roberto Formigoni sottolinea la "grande dedizione" del giornalista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.