A lui piace usare frasi come «la fabbrica corsara», giocare con i termini come «tesi e antitesi», definirsi come un affaticato corridore in eterno movimento sul tapi roulant, sentirsi come un uomo al centro di un vortice che afferra le cose al volo come una dea bendata e che, per fortuna, non è mai inciampato. Insomma, stiamo parlando di Claudio Brachino, direttore di Videonews, la struttura cui fanno capo i programmi di approfondimento giornalistico delle reti Mediaset tranne i notiziari. Un uomo alto due metri che parla con cinque persone contemporaneamente, facendo venire il mal di testa a tutti tranne che a se stesso, e a cui si riesce a proporre una domanda solo quando respira per riprendere fiato. Del resto chi non sarebbe così agitato dovendo tenere le redini di tanti programmi e, in più, realizzarne direttamente alcuni. Elenchiamoli: Mattino, Pomeriggio e Domenica Cinque, Verissimo, Secondo voi, Super partes, Storie di confine e Top Secret. «Il tutto - aggiunge lui subito - con una redazione risicata di giornalisti e molte meno risorse a disposizione della concorrenza». Che ovviamente sono le reti Rai. Dunque, cominciamo da qui. Mattino Cinque è alla sua terza stagione, Pomeriggio alla seconda e la Domenica è appena partita. I primi due, come storicamente accade, vengono superati dai rispettivi rivali Unomattina e La Vita in diretta, però tengono botta, eccome. «Al mattino - conferma Brachino - l’innesto di Federica Panicucci, come potrebbe accadere con un cambio di conduzione, non ha creato problemi agli ascolti, siamo attorno al 20-21 per cento. Stessi numeri al pomeriggio». La domenica si fa strada... «Sì, i dati sono in costante aumento. L’altro ieri ci siamo avvicinati a Raiuno e in qualche punto l’abbiamo battuta. E poi, le interviste della D’Urso fanno discutere, personaggi come Loredana Bertè e il principe Emanuele Filiberto dicono da noi cose che non dicono altrove». E già che ci siamo affrontiamo la polemica aperta da Massimo Giletti che ha dichiarato che Domenica Cinque copia l’Arena. «È ridicolo: il fiore all’occhiello di Pomeriggio Cinque è il caso, un segmento di programma dove si tratta l’attualità con il criterio della polarizzazione, con posizioni distinte e contrastanti. Un modello genetico che ispira anche la prima parte della nostra domenica. Se poi andiamo in cerca di padri, dal cilindro della tv escono Funari e Costanzo, non Giletti».
Andiamo avanti. In arrivo novità per queste tre trasmissioni? «Vittorio Sgarbi sarà più presente sia in settimana sia alla domenica, dove farà l’arbitro tra due fazioni opposte. E soprattutto parlerà di arte sacra. Consapevoli della difficoltà dell’argomento, chiameremo questo spazio “Quello che non fa ascolto” e così sfideremo gli spettatori a seguirci». Brachino rivendica anche di essere riuscito a coniugare l’informazione con l’intrattenimento, l’infotainment, per usare un «parolone». «Fino a qualche anno fa, questo era impossibile: noi invece abbiamo dimostrato che la scrittura giornalistica, quella autoriale e quella delle star, possono combinarsi in prodotti di successo». Ma lei si sente ancora un giornalista? «Se è vero come dicono i massmediologi che i contenitori popolari sono diventati essenziali per formare le opinioni, allora non solo mi sento giornalista ma mi sento addosso una grande responsabilità. E vorrei ricordare che, in fasce orarie difficili, abbiamo portato avanti battaglie etiche, dalle denunce per stalking ai pirati della strada, siamo stati in prima linea con la strage di Kabul e ci permettiamo anche di divulgare la Costituzione con Martelli». Su di voi però grava sempre il pregiudizio di non essere super partes in quanto dipendenti Mediaset. «È vero, ma cerchiamo di dimostrare il contrario, rispettando la par condicio nei dibattiti e riportando la politica al centro dell’attenzione in uno spazio non convenzionale, il mattino, nella maniera più equilibrata possibile. Da noi parlano tanti ospiti esponenti dell’opposizione, dalla Finocchiaro a Rutelli». Ma un Di Pietro non si è mai visto... «Lo inviteremo presto, così come vorrei avere D’Alema». Dunque lei non pensa che in Italia non ci sia libertà d’informazione? «È un falso problema. Quel che è certo è che ci sono trasmissioni che si permettono di fare ciò che vogliono senza limiti». E Matrix? «C'è stata la stagione di elaborazione del lutto. La nuova identità si vedrà quest'anno».
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