«Abbiamo che oggi a Bruxelles c’è un’Italia che non si arrende a soluzioni che penalizzano la nostra industria, ma che è capace di continuare a negoziare fino alla fine in maniera decisa, facendo valere la bontà dei propri argomenti, valorizzando le nostre eccellenze e riuscendo a modificare sostanzialmente il risultato finale». Così il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha commentato l’approvazione del regolamento Ue sugli imballaggi da parte del Coreper (il comitato degli ambasciatori) che ha messo nero su bianco le intese del 4 marzo scorso e che ora dovranno essere approvate dal Parlamento europeo nella settimana del 22 aprile. «I risultati raggiunti sono il frutto di uno sforzo corale di tutti gli attori del “sistema Italia”», ha aggiunto la premier. Analoga soddisfazione è stata espressa dal vicepremier Tajani e dai ministri Fitto, Lollobrigida e Pichetto Fratin.
Ma nel concreto che cosa ha ottenuto l’Italia? Innanzitutto, è pressoché salva la filiera italiana degli imballaggi che interessa il settore horeca (hotel, ristoranti, caffetterie) che ha un volume d’affari di almeno 10 miliardi l’anno. Ma, soprattutto, tira un sospiro di sollievo per due settori che valgono il 30% del Pil italiano. Il regolamento Imballaggi, infatti, introduce obiettivi generali di riduzione della produzione di rifiuti da imballaggi (il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040, rispetto al 2019) e nuovi obiettivi di riuso, oltre a quelli per il riciclo, per facilitare questa riduzione. Lo spostamento del primo step al 2030 e le deroghe per chi supera i target di riciclo come l’Italia sono conquiste importanti. Ma ieri si sono messi nero su bianco altre progressi. Se da una parte il regolamento impone che gli imballaggi siano riciclabili (o che contengano percentuali minime di materiale riciclato) e vieta una serie di prodotti e materiali monouso, l’Italia è riuscita a ottenere che si possano continuaLa quota del Pil italiano in capo a farmaceutica e agroalimentare, settori ad alto utilizzo di imballaggi re a utilizzare alcuni tipi di imballaggi monouso riciclabili (come le bustine di carta e le plastiche compostabili) per i prodotti alimentari e per il settore della ristorazione (in particolare per i cibi da asporto e per il fast-food). Un’altra intesa negoziale confermata è la «clausola specchio», secondo cui anche gli imballaggi importati nell’Ue dovranno rispettare le norme comunitarie sulle percentuali minime obbligatorie di materiale riciclato. Questo permetterà all’industria europea (e italiana) del settore del riciclo di non subire una concorrenza sleale da parte delle aziende extraeuropee.
Cosa cambierà per i consumatori italiani? Molto poco. Le buste di plastica monouso per confezionare frutta e verdura sotto gli 1,5 chili sono «salvate» da deroghe per evitare perdita di acqua o ossidazione. Piatti e bicchieri monouso saranno consentiti per il takeaway, ma gli altri locali (salvo i chioschi che non sempre hanno l’acqua corrente) dovranno farne a meno. Scompariranno invece i condimenti monouso e le confezioni singole di zucchero, caffè o simili, ma non se accompagnano cibi da asporto e negli ospedali. Destinati all’estinzione, infine, i flaconcini monouso di cosmetici negli alberghi.
Soddisfatta Coldiretti, mentre Confagricoltura teme incertezze per il
settore agroalimentare derivante dal recepimento della normativo. Per Fedagri-Confcooperative rimangono le sfide riguardanti «la possibilità di deroghe per gli Stati membri, la gestione dell'ortofrutta e l’impatto sulle pmi»- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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