Fare della Puglia un hub strategico per l'energia italiana e di Brindisi il suo polmone: questa la visione di Gabriele Menotti Lippolis, classe 1977, dal 2021 alla guida di Confindustria Brindisi. Lippolis, imprenditore di prima generazione, ha aziende nel mondo del turismo, degli eventi green e della comunicazione sostenibile. Ha lanciato per Brindisi, in questo momento di transizione energetica, l'idea della Silicon Valley delle rinnovabili e della Hydrogen Valley. Con ilGiornale.it discute delle sfide industriali del presente e del futuro legate al mondo energetico.
Brindisi, come lei ha sottolineato, è assieme alla Puglia un pivot fondamentale per l'energia italiana. Qual è lo stato dell'arte del vostro territorio?
"Brindisi è tuttora, almeno per capacità di generazione, il primo polo energetico del Paese con 1.920 Mw prodotti nella centrale Federico II dell’Enel e 1.170 Mw generati da Enipower. A Brindisi, inoltre, il Tap si allaccia alla rete adriatica di Snam e sempre in questo territorio si registrano le più elevate quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili in Italia. Per questo, nel corso dell’assemblea pubblica di Confindustria Brindisi, alla presenza del Presidente della Regione Emiliano, del ministro Fitto e del presidente Carlo Bonomi, mi sono permesso di evidenziare che l’Italia sta vincendo la difficile partita energetica anche grazie a Brindisi, e ritengo che gli italiani debbano essere riconoscenti a questa piccola grande provincia per l’apporto che continua a dare all’intera nazione. Perché mentre altri territori hanno i riflettori e le giuste compensazioni per i sacrifici compiuti, Brindisi ha sempre fatto da pivot – per richiamare il termine da lei utilizzato – senza probabilmente ottenere le attenzioni che meritava. Ma adesso, grazie anche alla fondamentale presenza nel governo di un ministro attento e competente come Fitto, confidiamo che finalmente questo territorio possa ritornare centrale anche nel dibattito politico e nei processi di reindustrializzazione. Cosa che, in effetti, sta già accadendo".
Dal Tap alle altre infrastrutture, la dorsale adriatica sta diventando decisiva per lo sviluppo del Paese in campo energetico. A che punto è la Puglia per cogliere i frutti di questa svolta?
"Come detto, a Brindisi il Tap si allaccia alla rete adriatica di Snam. Proprio in queste ore sarebbe in arrivo una delibera dell’Arera con cui si dovrebbe autorizzare l’accelerazione del raddoppio della capacità di trasporto di gas lungo la dorsale Adriatica. Ciò, a testimonianza che questo asse diverrà sempre più importante nel futuro prossimo. Questa infrastruttura oggi trasporta gas ma domani probabilmente potrà trasportare anche idrogeno. Molti dei nuovi carburanti, infatti, proverranno da sud e riguarderanno l’idrogeno e suoi derivati (i cosiddetti “carbon neutral”), che richiederanno appositi impianti per lo stoccaggio. Questo determinerà inevitabilmente una grande centralità del Mezzogiorno e quindi anche di Brindisi, se sapremo attrezzarci adeguatamente come sta in effetti avvenendo. Per tale motivo nei mesi scorsi proposi di anticipare i tempi e reclamare infrastrutture che possano rafforzare la posizione strategica dei porti pugliesi come hub energetici del Mediterraneo. Brindisi potrebbe ospitare, ad esempio, un rigassificatore ibrido, che oggi permette di rigassificare il gnl e che domani consentirebbe di rigassificare l’idrogeno. Pensando all’oggi, comunque, nel nostro territorio si stanno realizzando depositi per carburanti di transizione per decarbonizzare la mobilità. Penso all’impianto di Edison per il gnl ma anche ad altre infrastrutture che in futuro potranno stoccare metanolo e altri bio-carburanti".
Sul fronte della transizione energetica e della tutela del territorio, a che punto è il vostro contesto territoriale?
"Brindisi è sul podio delle province a maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili. La centrale a carbone di A2A è stata dismessa da tempo e per il 2025 è programmato il phase-out anche della centrale Enel, che diverrà un Polo Energetico Integrato. Sono inoltre in programma grandi investimenti nell’eolico off-shore, nel fotovoltaico ma anche nella produzione di idrogeno. A tal proposito, è previsto sul territorio un grande impianto per la produzione di idrogeno ad opera di Alboran, Saipem ed Edison. Confindustria Brindisi vuole realizzare un cluster dell’energia e dell’idrogeno che possa produrre anche buona occupazione attraverso la realizzazione in loco della componentistica necessaria alla filiera dell’idrogeno, vedi gli elettrolizzatori. Lo sviluppo del mercato dell’idrogeno avrà bisogno di infrastrutture e il modo più efficiente per svilupparle è aggregare questi consumi a livello geografico, in “Hydrogen Valley”. Aggregando tutta la domanda potenziale nella stessa area geografica si potrà ottimizzare l’infrastruttura di trasporto, distribuzione e stoccaggio necessaria. Bisogna riconoscere grandi meriti alla giunta Emiliano, che è stata pioniera nel settore dell’idrogeno e sta garantendo importanti risorse, lanciando già progetti bandiera e sostenendo progetti più importanti".
Quindi c'è spazio per sostenere la comunità imprenditoriale...
"La produzione di tutta questa energia green consente a Brindisi di assurgere a luogo d’elezione dove poter sperimentare la nascita di una grande comunità energetica rinnovabile al servizio del porto e delle industrie, sfruttando il fatto che non vigono limiti di produzione di energia per le comunità energetiche portuali. La creazione di questa comunità energetica che stiamo programmando con il Presidente dell’ADSPMAM (Autorità Portuale) Ugo Patroni Griffi, ci permetterebbe di ridurre la Co2 e soprattutto di rendere attrattivo il sistema economico, fornendo energia ai consorziati a prezzi di gran lunga più bassi rispetto a quelli del libero mercato".
Il Sud Italia, in quest'ottica, può essere pivot per il futuro dell'energia pulita italiana?
"Purtroppo è utopistico pensare di sostituire integralmente, dall’oggi al domani, le fonti fossili con le rinnovabili. Il gas ci servirà ancora per un po’ di tempo. Penso ai comparti industriali energivori del nostro Centro-Sud. Emblematico è l’esempio dell’ex Alcoa di Portovesme, che si occupa di produzione di alluminio primario e che ha un futuro solo se si attua il progetto di sviluppo da 300 milioni per trasformare quel sito totalmente a gas".
Come giudica, in tal senso, le strategie energetiche del governo Meloni?
"La visione del governo Meloni di inquadrare il Mezzogiorno come hub energetico del Mediterraneo è corretta ed è auspicabile, e questo per tutte le implicazioni positive di cui parlavo prima in termini di ricadute. Il mondo corre verso la decarbonizzazione. Mi pare che il governo, con il ministro Pichetto Fratin in testa, si stia impegnando molto per seguire la strada tracciata anche da Confindustria di una accelerazione nell’installazione di rinnovabili. Il piano decennale di Terna da 21 miliardi è propedeutico proprio a infrastrutturare la rete per arrivare ad autorizzare 12-14 Gw l’anno di capacità rinnovabile. E in questa partita, il Sud farà la parte del leone, avendo condizioni naturali che lo rendono il luogo perfetto dove produrre energia green. Non a caso la Regione Puglia è prima per sviluppo dell’eolico e seconda per fotovoltaico".
A livello generale, la sicurezza energetica è stata per le imprese la grande questione del 2022. Quest'anno il problema è rientrato o permangono altre sfide?
"Nonostante le ultime stime paiano più clementi, il 2023 sarà comunque un anno difficile, in cui si dovranno stringere un po’ i denti. Fino a poche settimane fa le previsioni parlavano ad esempio di una recessione per la Puglia determinata dall’inflazione e dall’aumento dei tassi, che comporterà un aggravio degli oneri sui prestiti delle imprese. I sistemi produttivi del Mezzogiorno, inoltre, soffrono maggiormente gli shock perché composti da imprese più piccole che fanno meno uso di economie di scala.
Come dice il presidente Bonomi, però, con adeguati interventi di politica industriale e con stimoli agli investimenti possiamo parare i colpi dell’inflazione e dei tassi crescenti e porre le basi per una solida crescita".Come vede le sfide dei prossimi mesi?
"Il tema energetico è di vitale importanza per il comparto industriale, e l’industria è una questione di sicurezza nazionale. È un rischio una deindustrializzazione in favore degli Stati Uniti, dove sussistono costi dell’energia sensibilmente più bassi e incentivi generosissimi. Serve pertanto un’adeguata e collettiva risposta degli stati europei affinché non si finisca ai margini di una partita che rischia di essere giocata soltanto dalla Cina che ha il monopolio delle terre rare e, per l’appunto, dagli Stati Uniti. L’Italia sta facendo il possibile per diversificare gli approvvigionamenti e l’arrivo in queste ore della nave rigassificatrice nel porto di Piombino, che presumibilmente entrerà in funzione entro l’inizio dell’estate, darà una grossa mano al Paese. Insomma, con un pizzico di fiducia si può dire che la crisi del gas si è un po’ sgonfiata, anche se tra qualche mese dovremo ripartire con la ricostituzione delle scorte e mancherà molto gas dalla Russia. Ricordo che potremmo anche accelerare per avere un altro gasdotto come Poseidon, aiuterebbe il Paese ad essere autonomo. Un rimbalzo rispetto agli attuali prezzi è pertanto prevedibile, ma probabilmente non sarà così tremendo come si temeva.
Sul fronte delle nuove normative promosse in ambito europeo, su auto e casa, come giudica l'impatto di sistema sull'economia e come il dividendo ambientale che possono produrre?
"Il nostro obiettivo deve essere quello di una transizione giusta, che non aumenti i divari economici e sociali. In Europa pensiamo di essere l’ombelico del mondo, ma in realtà siamo responsabili solo dell’8% delle emissioni climalteranti, mentre Cina e India sono al 33% e, come ricordato dal presidente Bonomi, nonostante questo stanno costruendo nuove centrali a carbone. All’assemblea pubblica di Confindustria Brindisi, il presidente Bonomi ha squarciato il velo dell’ipocrisia ricordando come le batterie dei cellulari contengano litio e ossido di cobalto estratto in Congo da 400mila bambini. Pertanto dobbiamo essere lucidi e razionali quando affrontiamo temi del genere. Qual è l’obiettivo: traguardare la neutralità tecnologica o adottare politiche ‘cool’ massimaliste che – come al solito – alla fine finiscono per produrre effetti contrari?"
Domanda a dir poco legittima, a cui per ora non si è data risposta...
"In Italia e in Puglia in particolare (vedi casi Tap e rigassificatore di Brindisi) lo abbiamo visto dove ha portato il massimalismo, se non l’estremismo, degli ultimi venti-trenta anni. In Puglia e in Basilicata c’è un comparto dell’automotive importantissimo. Accogliamo pertanto positivamente il rinvio del voto Ue sullo stop ai motori endotermici entro il 2035, rinvio sostenuto dal Governo Meloni e dal Ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. È giusto puntare a zero emissioni di Co2 nel minor tempo possibile, ma deve essere lasciata la libertà agli stati di percorrere la strada che reputano più efficace e sostenibile, senza chiudere a priori il percorso verso tecnologie pulite diverse dall'elettrico. Penso ad esempio ai carburanti rinnovabili, i quali rappresentano una soluzione strategica e altrettanto pulita che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva. Tra l’altro, la capacità produttiva delle miniere per i materiali utili alle auto elettriche cresce lentamente: è immaginabile, quindi, che il percorso sarà molto lento".
Sulla direttiva case green, invece, come la vede?
"In merito alla direttiva case green, invece, è certamente auspicabile migliorare le classi energetiche delle nostre abitazioni perché significa risparmiare in bolletta, e questo è un vantaggio soprattutto per le classi meno abbienti. Ma chi paga questi interventi? Credo che l’unica strada sia quella di creare strumenti finanziari europei per finanziare la transizione anche in questo comparto".
L'Italia, in quest'ottica, si conferma un Paese trainato da un'economia esportatrice. L'onda lunga di inflazione e rincari dei tassi può contribuire a modificare questa posizione?
"L’industria italiana si sta dimostrando resiliente. Nel 2022 l’export è cresciuto: penso alla mia regione, dove si è registrato un +14,8% originato da settori ad alta tecnologia come l’Ict, l’automotive, la farmaceutica, l’aerospazio. Nell’analisi va inserito anche il fatto che il deprezzamento dell’euro nei confronti delle principali valute estere ha favorito le vendite al di fuori del vecchio continente. Certo, nel primo trimestre del 2023 l’export è in frenata perché c’è incertezza e di conseguenza sussiste un contesto meno favorevole per la crescita del commercio internazionale. Inoltre, con specifico riferimento all’Italia, pesa anche l’indebolimento del mercato tedesco. Al netto dell’andamento dell’export piuttosto aleatorio e imprevedibile, con l’aumento dei tassi sarà sicuramente più difficile l’accesso al credito per le nostre imprese. Ma vista la risposta dell’industria italiana alla pandemia, alla guerra e all’inflazione, guardo al futuro con ottimismo".
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