IlGiornale.it torna a confrontarsi con Francesco Rolleri, presidente di Confindustria Piacenza, sul tema della sicurezza energetica e della crisi degli approvvigionamenti che ha colpito l'Italia e l'Europa nel 2022. La crisi energetica sembra esser destinata a rientrare e il 2022 ha segnato alcuni spiragli positivi? Questo non deve invitare imprese e decisori politici a abbassare la guardia. La sfida della sicurezza energetica è cruciale per la sicurezza nazionale, ricorda Rolleri, la cui associazione è stata tra le prime in Italia a mettere il tema della dipendenza dall'estero in cima alla propria agenda in tempi non sospetti, nel lontano 2010.
La crisi energetica del 2022 sembra iniziare a rientrare. Quali prospettive aspettano l'industria nell'anno in corso?
Nelle ultime settimane i prezzi sul mercato dell’energia sembrano essersi stabilizzati, anche se su livelli sensibilmente più elevati rispetto alla media storica. Non ci illudiamo di spostare le lancette a prima del conflitto russo-ucraino: questi prezzi ormai sono la “nuova normalità”. Nonostante le difficoltà, le imprese stanno riuscendo ad adattarsi. A Piacenza, e devo dire anche nel resto del Nord Italia, l’industria ha chiuso il 2022 meglio delle attese. Qualche mese fa intravedevamo una recessione, forse ora è meglio utilizzare il termine frenata: un po’ per inerzia della crescita post-Covid, un po’ per i portafogli ordini pieni, le aziende si trovano in una condizione migliore per affrontare il 2023. Tra gli elementi di primaria preoccupazione certamente c’è la stretta finanziaria, che crediamo possa mettere una pressione notevole al settore industriale.
Nuovi scenari per la transizione si aprono, in quest'ottica, con gli sviluppi dei piani Fit for 55 e le nuove proposte europee sull'edilizia. Come si fa trovare l'Italia a questa svolta?
È evidente che la riduzione delle emissioni di gas serra debba passare anche per un ammodernamento del parco immobiliare italiano. Fondamentale sarà capire come si delineerà la forma definitiva della direttiva europea e, ovviamente, come quest’ultima verrà recepita dall’Italia. Il percorso dovrà realizzare gli obiettivi, senza però pretendere dai proprietari uno sforzo insostenibile, tale da compromettere il mercato e far crollare il valore di un’ampia fetta di immobili. Non dimentichiamoci che in Italia secondo i dati Censis circa tre immobili su quattro appartengono ad una classe energetica inferiore alla E. In tal senso lo strumento dei bonus, purché ricalibrato e corretto, può rivelarsi determinante. Sempre Censis a novembre 2022 stimava che dei 55 miliardi di euro di investimenti ammessi a detrazione attivavano direttamente nel settore delle costruzioni quasi 80 miliardi, più altri 36 come indotto indiretto. Quei 55 miliardi di Super Ecobonus investiti negli ultimi due anni, da soli, contribuiscono a realizzare il 40% del risparmio energetico indicato dallo Stato per l’inverno 2022-23. Il principio funziona, va affinato il meccanismo per renderlo sostenibile finanziariamente.
Dal commercio alla mobilità sostenibile, le infrastrutture sembrano essere un tema sempre più attenzionato dalla politica. Il vostro territorio è molto legato alla logistica: quanto pesa lo sviluppo infrastrutturale nelle sue dinamiche e più in generale in quelle italiane?
La logistica è spesso al centro del dibattito locale piacentino, all’interno del quale le posizioni tendono a polarizzarsi. Sulla questione io sono pragmatico. Una logistica sviluppata, insieme ad un piano infrastrutturale convinto e senza preconcetti, può rappresentare un elemento di competitività fondamentale per il Paese. Deve però essere governata con un principio di per sé molto semplice: una sempre più profonda integrazione con l’industria manifatturiera. Logistica e trasporti non sono soltanto commercio ma anche un supporto per chi produce. Poi urge un cambio di paradigma, ovvero il potenziamento della logistica del ferro. Importanti gruppi italiani del settore ci stanno lavorando, testando la mobilità a idrogeno su tratte sempre più lunghe. Nel tavolo provinciale del PNRR sulla transizione energetica che abbiamo coordinato come associazione abbiamo puntato anche su una stazione di ricarica ad idrogeno su Piacenza. Ci crediamo molto, dovremo essere bravi ad intercettare i bandi del Recovery Fund.
Caro energia, caro benzina, inflazione: quale problema la preoccupa di più per il sistema Italia?
Si tratta di tre problemi rilevanti e strettamente interconnessi. Ovviamente faremmo a meno di tutti e tre. Dovessi sceglierne uno, però, punterei il dito contro il caro energia, perché oltre ad essere una criticità attuale è anche un tema di sicurezza nazionale, sopravvivenza del sistema produttivo e costo della vita delle famiglie. Sappiamo quanto nel caro benzina, oltre al prezzo del petrolio, pesi lo storico fardello fiscale. Sappiamo anche che l’inflazione è destinata a scendere nel corso dell’anno, e che è determinata per gran parte dalla componente energetica. L’energia rappresenta una criticità strutturale del nostro sistema. Va ammesso che l’opera di diversificazione delle fonti energetiche, specialmente sul fronte gas, sta dando i suoi frutti. L’inverno mite certamente ha agevolato il lavoro, risparmiandoci per ora uno stress test su approvvigionamento e stoccaggi – ad oggi circa venti punti percentuali più in alto dell’anno scorso. C’è comunque ancora tanto da fare: una potenza industriale, per essere tale, deve potersi concedere il lusso di dare per scontata la fornitura energetica.
Il 2022 è stato segnato da tensioni sociali, problemi economici diffusi, rischio di disuguaglianze. In tema di lavoro e sviluppo, come rimediare alla domanda di sicurezza economica proveniente dalla società?
Questa ondata inflattiva colpisce in prima istanza le fasce più deboli della popolazione italiana, perché trainata da pesanti rincari nei beni primari e ad alta frequenza di consumo: abitazione, acqua, elettricità, combustibili e prodotti alimentari. La tutela del potere d’acquisto dei lavoratori è interesse di tutto il sistema economico. Lo è per i consumi ma anche per il mercato del lavoro: in questa fase le imprese del nostro territorio faticano a trovare figure tecniche da collocare negli stabilimenti e l’attrattività passa certamente anche dal fattore economico. La deroga alla normativa dei fringe benefit l’anno scorso ci ha permesso di premiare i nostri collaboratori con un aiuto concreto nell’affrontare le spese quotidiane, purtroppo nel 2023 non è stata rinnovata. La strada resta quella dei contratti collettivi nazionali, in un rapporto di dialogo proficuo tra imprese e sindacati. A costo di ripetermi ed alimentare un appello rimasto inascoltato da decenni, è il taglio al cuneo fiscale il mezzo più immediato ed efficace che il governo potrebbe mettere in atto per lasciare nelle tasche degli italiani una fetta più ampia del loro salario. L’inflazione è una emergenza attuale e contingente, che necessiterebbe quindi una risposta convinta e nel breve termine.
Che ruolo può avere, come avanguardia di cambiamenti sociali, l'industria che abbraccia la transizione energetica e la rivoluzione digitale nel quadro di un Paese in cui si prova a ricostruire un'idea di futuro?
La crisi energetica e il nuovo equilibrio geopolitico tra Europa e Russia hanno costituito un doloroso incentivo per l’Italia e l’Europa ad agire. La transizione energetica anche sul piano politico è diventata finalmente un dossier strategico per il Paese, e come tale dovranno essere prese importanti decisioni. Continuo a ritenere che l’Italia in questa fase possa giocare un ruolo chiave, diventando appetibile per investimenti esteri, rientro di produzioni precedentemente portate altrove ma anche terra di crescita delle eccellenze storiche dei nostri territori. A fine anni ’90 il celebre sociologo Richard Sennett elogiava l’unicità del distretto industriale del Nord Italia, soprattutto per la sua capacità di adattamento, l’essere fucina di innovazione e competitività. Questa è l’indole dell’imprenditore e dell’industria italiana. Bisogna che lo Stato la metta in condizione di valorizzare le sue virtù, affiancando le imprese con piani di sostegno. Fondamentale sarà il dialogo tra politica e produttori, con piani efficaci e senza forzature.
La transizione energetica e la rivoluzione digitale non devono essere imposte perché le imprese hanno già compreso di non poterne fare a meno. Bisogna solo evitare di ostacolarle. Se messe in condizione di realizzare i loro progetti, le imprese faranno il resto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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