Quest'oggi, Giorgia Meloni è intervenuta all'assemblea di Confindustria. Una tradizione per il premier, che è salito sul palco dopo il presidente Emanuele Orsini, del quale ha "molto apprezzato la relazione", condividendo "molti degli spunti e delle proposte che contiene". Ha spiegato di aver condiviso anche "l'analisi di scenario che ha accompagnato quegli spunti e quelle proposte sui rischi che l'economia italiana e l'economia europea corrono se non si invertono in modo deciso alcune tendenze".
In particolare, ha sottolineato Meloni, nelle premesse della relazione di Orsini è stato messo l'accento sugli "anni difficili che ci siamo lasciati alle spalle e che hanno mostrato la capacità della resistenza del nostro tessuto produttivo e di sapersi distinguere di fronte alle difficoltà". Il premier si è rivolto alla platea, facendo un plauso agli industriali presenti per farlo all'intero settore, perché "fatemi dire da chi è abituato a essere sottovalutato, che arriva nella storia di tutti il momento in cui non conta più quello che si presuppone, conta il valore che le persone hanno e quello che è, non quello che si vorrebbe". Ha rafforzato il suo discorso con una nota affermazione di Adriano Olivetti, visionario imprenditore e innovatore dell'industria italiana: "Io penso la fabbrica per l'uomo, non l'uomo per la fabbrica". Una frase che sottolinea la centralità dell'uomo in un contesto che va sempre più verso l'automazione.
I risultati raggiunti dall'Italia in ambito industriale sono stati straordinari in questi due anni, soprattutto per come sono stati raggiunti in un contesto "che avrebbe fatto tremare i polsi a chiunque, e che qualcuno aveva sperato potesse contribuire a un repentino fallimento dell’attuale governo". Nonostante i soliti "gufi", non è andato come loro avrebbero auspicato e "l’Italia supera le difficoltà meglio di altre nazioni europee: il merito è delle imprese e dei loro lavoratori". Non è lo Stato che crea ricchezza, ha sottolineato il presidente del Consiglio, ma "deve fare la sua parte". Ora bisogna continuare a guardare avanti, senza adagiarsi sui risultati finora ottenuti, per raggiungere nuovi traguardi. Meloni si è detta fiduciosa che "si possa fare meglio delle previsioni dell’Ue", perché "il +1% è a portata di mano". Senza trionfalismi, che sarebbero inutili in questo momento, è giusto comunque evidenziare che "non era scontato vedere l’Italia crescere più della media europea, dopo anni in fondo alle classifiche". Anche i salari, ha aggiunto, "stanno dando segni di ripresa: da ottobre 2023 le retribuzioni hanno iniziato a recuperare terreno rispetto all'inflazione, accelerando questa tendenza nei primi mesi del 2024".
Oggi, ha spiegato il premier, "vogliamo proseguire in questa direzione con la nuova manovra. Ho ascoltato molte proposte sensate, c’è un tema di responsabilità nella gestione seria delle risorse e nella nostra politica di bilancio". Il governo, ha sottolineato il premier, vuole seguire "la stessa impostazione seguita finora, una legge di bilancio che parte dal buon senso e dalle serietà, che concentra le risorse per le imprese che creano lavoro e per le famiglie con figli, e nella difesa della salute dei cittadini". E sulla manovra, Meloni si è detta "pronta al confronto", anche sulla base della relazione di Orsini.
Ora si guarda ai prossimi obiettivi, tra i quali "aumentare la produttività del lavoro. La dinamica italiana è inferiore alla media europeo, aumentare la produttività è una priorità assoluta di questo governo". Meloni ha voluto anche citare i risultati della finanza del nostro Paese, dove "i risultati della Borsa sono sta facendo registrare la migliore performance in Europa", tra le migliori al mondo. Le riforme per il miglioramento del Paese sono state avviate, dal premierato, alla giustizia, all'autonomia: "Non sarei in pace con la mia coscienza se per quieto vivere non andassi avanti. Faremo quel che va fatto, nonostante molte opposizioni. Poi decideranno gli italiani".
Sull'autonomia differenziata, il premier ha voluto smentire quanti dicono che "l'autonomia differenziata creerebbe un divario tra Nord e Sud, mentre in realtà può creare un divario tra classi dirigenti responsabili e classi dirigenti che responsabili non sono state, al Nord come al Sud". E proprio in relazione al meridione del Paese, Meloni ha voluto sottolineare che "è stato la locomotiva economica d'Italia, non il fanalino di coda, e questa è stata una scelta, non un caso". Come governo, ha proseguito, "abbiamo scommesso sull'orgoglio di un Sud che non chiede sussidi ma di essere messo alla pari con il resto d'Italia nelle condizioni di partenza, e questo si fa con riforme e investimenti".
Nel Mediterraneo, l'Italia "può giocare un ruolo centrale strategico fondamentale nelle dinamiche globali, dobbiamo esserne consapevoli" in un contesto in cui il bacino sta sta tornando al centro del mondo. "È un'occasione sia dal punto vista energetico, perché possiamo diventare uno snodo strategico tra Mediterraneo, Africa ed Europa, sia dal punto di vista delle infrastrutture, ad esempio con le prospettive di crescita legato al corridoio economico Imec", ha proseguito. Ed è proprio nel contesto internazionale che ora Meloni punta a posizionare con ancora maggiore successo il nostro Paese, a partire dalla nomina di Raffaele Fitto come vicepresidente della Commissione Ue, "con un portafogli che tra fondi di coesione e Pnrr, che come sapete è una delega in cooperazione col Commissario Dombrovskis, cuba oltre mille miliardi di euro".
Questo, ha proseguito, offre "la dimensione del peso dell'Italia in Europa, ma penso che sia anche un riconoscimento del lavoro che l'Italia ha fatto in questi due anni proprio su fondi di coesione e Pnrr". Questo riconoscimento, ha aggiunto, è "un risultato da portare a casa con il contributo di tutti perché Raffaele Fitto non è il commissario di governo, Raffaele Fitto è il commissario italiano e l'Italia deve fare quel che può per aiutarlo a ricoprire un incarico così importante". Sono numerose le battaglie da combattere in Europa e fra tutte, in cima, c'è quella la riforma del green deal e dell'automotive, che rischia di mettere in ginocchio l'industria a livello europeo. Un elemento sensibile toccato anche nella relazione di Orsini, che ha definito quello sul green deal europeo un "approccio ideologico".
Accompagnare il tessuto produttivo nella sfida della transizione ecologica, ha sottolineato Meloni, "non può voler dire distruggere migliaia di posti di lavoro e la politica industriale dei vari Paesi". In questo senso, ha aggiunto, "l'addio al motore endotermico nel 2035 è uno degli esempi più evidenti di questo approccio autodistruttivo. Non è una strategia intelligentissima". E quindi, rivolgendosi agli industriali, ha concluso tra gli applausi: "Confido che continueremo a lavorare insieme.
Avrete un confronto leale e regole certe, non andremo sempre d'accordo ma la penseremo sempre sullo stesso modo su un punto: l'Italia può ancora stupire e lasciare tutti a bocca aperta. A lungo abbiamo rincorso gli altri, è arrivato il momento di farci rincorrere dagli altri".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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