Niente web tax per radio, tv e testate online

Un emendamento di Fi alla manovra salvaguarda il mondo dell’informazione dall’imposta

Niente web tax per radio, tv e testate online
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Un emendamento presentato da Forza Italia alla legge di Bilancio propone di escludere dall’imposta sui servizi digitali alcune categorie specifiche di operatori del settore dell’informazione e dell’intrattenimento. Questa imposta, inizialmente concepita per colpire le grandi multinazionali digitali con fatturato superiore a 750 milioni di euro, verrebbe così applicata solo alle imprese tecnologiche e ai giganti del digitale, escludendo i media tradizionali e le testate giornalistiche online che operano sul mercato italiano.

Chi sarebbe esentato?

Secondo la proposta, l’esenzione riguarderebbe:

  • La concessionaria del servizio pubblico (la Rai),
  • I fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici soggetti alla giurisdizione italiana (ad esempio, Mediaset e Sky),
  • Le testate giornalistiche online registrate presso il Tribunale di competenza.

Le motivazioni dell'emendamento

Forza Italia ha presentato questa proposta con l’obiettivo di “evitare ulteriori imposizioni fiscali nei confronti di quanti svolgono attraverso la rete Internet in Italia un’attività, la gran parte di informazione gratuita, e già sottoposta al prelievo fiscale”. L’idea alla base dell’emendamento è dunque quella di tutelare il settore dell’informazione e dell’intrattenimento nazionale, che svolge una funzione pubblica importante e già paga imposte per le sue attività.

Inoltre, queste realtà, a differenza dei giganti del digitale come Google, Amazon o Facebook, si rivolgono per lo più a un pubblico nazionale e non si avvalgono della stessa capacità di sfruttare meccanismi di ottimizzazione fiscale a livello internazionale.

Cosa cambia nella Legge di Bilancio?

L’imposta sui servizi digitali, introdotta per la prima volta per tassare le multinazionali digitali su servizi come pubblicità online, trasmissione di dati e intermediazione di beni e servizi, era destinata a colpire le aziende con ricavi globali superiori a 750 milioni di euro e con almeno 5,5 milioni di fatturato generato in Italia da attività digitali. L'emendamento, però, intende escludere dal suo campo di applicazione i media tradizionali e online nazionali, considerati già fiscalmente contribuenti e con una missione pubblica spesso orientata alla diffusione dell’informazione gratuita.

Con l'adozione di questa modifica, la pressione fiscale si concentrerebbe sui grandi operatori internazionali, salvaguardando invece le attività di informazione e i servizi audiovisivi italiani. In pratica, si ritornerebbe allo status quo ante la presentazione del ddl Bilancio.

In audizione il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva spiegato che l’abolizione delle soglie di fatturato «elimina la caratteristica di “discriminazione” alla base della contestazione Usa che aveva originato ritorsioni commerciali al momento della sua introduzione».

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